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Sul cognome dell'adottando maggiorenne - Commento alla sentenza della Corte di appello di Firenze, Sez. I, 29 marzo 2022, n. 608 e alle sentenze della Corte Costituzionale n. 131 del 31 maggio 2022 e n. 135 del 4 luglio 2023

A cura di Francesco Singlitico
La riforma sulle adozioni del 1983 ha, tra le altre cose, modificato l’art. 299 del codice civile prevedendo al primo comma che “l’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio”

Prima della riforma l’adottato aggiungeva il cognome dell’adottante al proprio, ma non precisava la norma se il collocamento fosse prima o dopo. La riforma del 1983 ha dato quindi questa rigida impostazione stabilendo che il cognome dell’adottante venisse anteposto. 

Ciò ha creato non pochi problemi da parte di chi veniva adottato, per il fatto che il proprio cognome di origine venisse posto in secondo piano rispetto a quello dell’adottante. 

Recentemente la Corte di Appello di Firenze – I^ Sezione Civile con sentenza innovativa e coraggiosa, la n. 608 del 29.3.2022, accogliendo un appello proposto avverso la decisione del Tribunale di Firenze che aveva respinto la richiesta ritenendo inderogabile quanto prescritto dall’art. 299 cc, disponeva l’adozione tra soggetti maggiorenni autorizzando che il cognome dell’adottante venisse posposto anziché anteposto a quello degli adottandi.

La Corte di Appello, nell’accogliere i motivi di appello proposti, riconosceva che nelle adozioni tra maggiorenni si potesse acconsentire, ovviamente sull’accordo di tutte le parti, la posposizione del cognome e che l’art. 299 cc non fosse quindi inderogabile. I motivi di appello condivisi dalla Corte erano incentrati sui seguenti aspetti: 

I) la mutata ratio, rispetto al 1983, dell’istituto dell’adozione che, sorto per perseguire interessi di carattere esclusivamente patrimoniale e di tutela della stirpe, oggi ha come fine principale quello di attribuire valore giuridico ad un determinato rapporto personale e affettivo; 

II) una lettura costituzionalmente conforme dell’art. 299 CC alla luce dei mutamenti sociali intervenuti negli ultimi venti anni circa l’evoluzione del cognome e ciò anche in relazione all’art. 2 della Costituzione e in applicazione dell’art. 8 della CEDU;

 III) la tutela dell’identità personale dell’adottato e quindi suo diritto a mantenere il proprio cognome per primo quale segno distintivo, sia in ambito sociale che lavorativo, riconoscendo quindi che il cognome gode di una distinta ed assoluta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità; 

IV) l’irragionevole rinuncia all’adozione da parte di soggetti maggiorenni sol perché chiedevano concordemente una diversa collocazione del cognome dell’adottante. 

La citata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha anticipato quello che sarebbe stato l’indirizzo assunto successivamente dalla Corte Costituzionale. 

Il Giudice delle Leggi, infatti, con sentenza n. 135 del 4.7.2023 ha dichiarato l’incostituzionalità del primo comma dell’art. 299 cc nella parte in cui “non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore d'età, se entrambi nel manifestare il consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto”.

La Corte Costituzionale, dopo aver percorso la trasformazione dell’istituto dell’adozione negli ultimi venti anni nei termini su ricordati, motiva la sua decisione in modo sostanzialmente simile a quella con cui la Corte di Appello di Firenze ha accolto la domanda di adozione sopra richiamata. 

La Corte Costituzionale ricorda, richiamando una propria precedente decisione (n. 131 del 2022), come il "cognome, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilità, nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di significati"

Il nome è "autonomo segno distintivo della identità personale" nonché "tratto essenziale della personalità", riconosciuto come un "bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2 Cost." e, dunque, come "diritto fondamentale della persona umana" (sentenza n. 268 del 2002). 

Dal momento in cui la persona assume il proprio cognome, unitamente al prenome, “inizia progressivamente a stratificarsi e a consolidarsi intorno a quel segno distintivo la sua identità personale, sicché proprio nel diritto all'identità si radicano le ragioni della tutela del cognome. E tali ragioni emergono anche a fronte di vicende che determinano la possibile o la necessaria acquisizione di un ulteriore cognome”.

Indispensabile, quindi, l’esigenza di tutela del diritto all’identità personale, come anche ben evidenziato dalla Corte fiorentina nel motivare la sua decisione, anche nel caso di una adozione che determini l’assunzione di un secondo cognome. 

Prosegue la Corte Costituzionale, con il richiamo ad una propria decisione del 2001 sempre sul medesimo articolo, affermando che “se quel cognome si è oramai radicato nel contesto sociale in cui l'interessato si trova a vivere, e magari è stato anche trasmesso ai figli, precludere di mantenerlo si risolve in un'ingiusta privazione di un elemento della sua personalità, tradizionalmente definito come il diritto "ad essere se stessi"

Quando la valutazione riguardi una adozione di persona maggiore d'età, l’automaticità e rigidità del meccanismo previsto dall’art. 299 cc, che sacrifica aprioristicamente il diritto all'identità personale dell'adottando, è irragionevole per la mancanza di flessibilità. 

Prosegue la Corte affermando che “Se, dunque, l'adottato maggiore d'età ha esigenza di veder tutelato il suo diritto all'identità personale attraverso l'aggiunta, in luogo della anteposizione, del cognome dell'adottante al proprio e se anche l'adottante è favorevole a tale ordine, che non incide sul suo consenso all'adozione, è irragionevole non consentire che la sentenza di adozione possa disporre il citato effetto.” 

La rigidità di una previsione insensibile alle esigenze di tutela del diritto alla identità personale dell'adottando rischia, o meglio rischiava, di creare un ostacolo a talune delle funzioni che l'istituto dell’adozione svolge a livello sociale, quali assecondare istanze di tipo solidaristico ed assistenziale, oltre chiaramente a ledere la stessa identità personale. 

Conclude la Corte ritenendo quindi che “è irragionevole e lesivo dell'identità personale, e, dunque, contrasta con gli artt. 2 e 3 Cost., non consentire al giudice - con la sentenza che fa luogo all'adozione - di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore d'età, se entrambi nel manifestare il consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto.” 

Firenze 3 novembre 2023
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