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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
VITALIZIO ALIMENTARE

I

Che cos’è il vitalizio alimentare?

Il vitalizio alimentare – chiamato talvolta impropriamente contratto di mantenimento - è il contratto mediante il quale, in corrispettivo del trasferimento di un bene immobile (ovvero anche di un capitale) una persona (vitaliziato) acquista il diritto all’assistenza morale e materiale da parte di un’altra (vitaliziante). Quindi il vitaliziato cede la proprietà in cambio di una prestazione continuativa che non consiste in una mera prestazione patrimoniale, sia pure di mantenimento (giacché in tal caso così sarebbe sostanzialmente una rendita vitalizia) ma in una prestazione continuativa di assistenza e di altre utilità.

Sulla natura atipica del vitalizio alimentare è d’accordo - come si dirà - tutta la giurisprudenza soprattutto dopo l’impostazione data a questo problema da Cass. civ. Sez. Unite, 18 agosto 1990, n. 8432.

Il corrispettivo del trasferimento del bene consiste quindi non in un obbligo di dare ma in un obbligo di fare.

Si tratta di una pattuizione attraverso la quale una persona bisognosa di assistenza anche materiale, per esempio perché anziana o con redditi non sufficienti, potrebbe garantirsi l’assistenza che le serve cedendo una sua proprietà e costituendo un’obbligazione di tipo assistenziale a carico della persona alla quale la proprietà viene trasferita.

Il vitalizio alimentare può anche essere costituito per testamento e in questo caso dà vita evidentemente ad una disposizione modale (Cass. civ. Sez. II, 17 gennaio 2003, n. 626).

I soggetti tra i quali si forma il rapporto sono in genere tra loro parenti, ma non è affatto da escludere l’ipotesi in cui il vitalizio alimentare possa essere il contratto che lega un soggetto anziano alla badante che gli presta assistenza.

Mettono molto bene in luce la natura e la funzione del vitalizio alimentare Cass. civ. Sez. Unite, 18 agosto 1990, n. 8432 e Cass. civ. Sez. II, 7 febbraio 1992, n. 1401 (“con il vitalizio alimentare una parte si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all’altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni”), Cass. civ. Sez. II, 19 febbraio 1996, n. 1280 (“con il vitalizio alimentare una parte si obbliga verso l’altra, in cambio del trasferimento di un immobile, a prestarle assistenza sia morale, che, in caso di bisogno, materiale; si tratta di un contratto atipico nel quale è prevalente il contenuto non meramente patrimoniale delle prestazioni dell’obbligato, essendo ritenuta l’assistenza morale indefettibile e non eventuale come quella materiale”), Cass. civ. Sez. I, 9 ottobre 1996, n. 8825 (“con il vitalizio alimentare una parte si obbliga, in corrispettivo del trasferimento di un bene o della cessione di un capitale, a fornire all’altra prestazioni alimentari o assistenziali per tutta la durata della vita; con esso, un soggetto incapace di provvedere da sé ai propri bisogni essenziali ed esigenze di vita, ottiene in cambio della cessione di un bene o di un capitale, non la semplice dazione periodica di denaro o di cose fungibili, bensì il diretto soddisfacimento, mediante l’attività personale della controparte, di esigenze di varia natura, concernenti vitto, alloggio, pulizia, cure mediche e simili”), Cass. civ. Sez. II, 5 maggio 2010, n. 10859 (“nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni di fare e dare di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali”), Cass. civ. Sez. VI, 14 giugno 2012, n. 9764 (“il vitalizio alimentare ricorre quando in corrispettivo della prestazione di un bene immobile o di un capitale, l’autore del vitalizio si obbliga a prestare assistenza morale o materiale all’altra parte. Oltre alle prestazioni di ordine morale o materiale l’oggetto può estendersi sino a ricomprendere figure consimili o collaterali come ad esempio servizi”).

Interessante, proprio sul tema della funzione del vitalizio alimentare, è una pronuncia del tribunale di Cagliari in cui i giudici hanno ritenuto che il contratto di vitalizio alimentare intercorrente tra madre e figlia non è nullo per mancanza di causa, in quanto l’obbligo al mantenimento in esso dedotto, è diverso e più ampio rispetto a quello agli alimenti gravante sulla figlia per legge (Trib. Cagliari, 13 ottobre 1997).

I problemi che sono stati dibattuti in passato in dottrina e giurisprudenza - e oggi largamente risolti - sono legati alla riconducibilità o meno, ai fini della disciplina applicabile, del contratto di vitalizio alimentare alla rendita vitalizia o quanto meno ad alcune delle norme che la regolamentano. La questione ha avuto riflessi pratici notevoli soprattutto (ma non solo) sotto il profilo dell’applicabilità dell’art.1878 del codice civile che, in caso di mancato pagamento della rendita fa divieto al creditore di domandare la risoluzione del contratto, ma gli attribuisce il diritto di far sequestrare e vendere i beni del suo debitore, affinché col ricavato della vendita si possa ricavare una somma sufficiente ad assicurare il pagamento della rendita stessa. Ove al vitalizio fosse applicabile questo divieto il creditore beneficiario della prestazione non potrebbe procedere alla risoluzione del contratto. Molti altri, come si vedrà, sono però gli aspetti legati all’inquadramento del vitalizio soprattutto come contratto aleatorio.

Con termini un po’ desueti viene chiamato vitaliziato il contraente beneficiario della prestazione che cede la proprietà del bene e vitaliziante il soggetto che, acquistando la proprietà, diventa debitore delle prestazioni assistenziali.

La giurisprudenza, che in passato aveva ricondotto il vitalizio alimentare senz’altro alla rendita vitalizia (Cass. civ., 15 marzo 1982, n. 1683; Cass. civ., 16 giugno 1981, n. 3902 Cass. civ. Sez. I, 7 giugno 1971, n. 1694; Cass. civ., 10 gennaio 1966, n. 186) ha poi realisticamente optato per la tesi del contratto atipico, autonomo e distinto rispetto a quello nominato di rendita vitalizia di cui all’art. 1872 cod. civ., costruendone una disciplina specifica (a partire da Cass. civ. Sez. Unite, 18 agosto 1990, n. 8432; Cass. civ. Sez. II, 7 febbraio 1992, n. 140; Cass. civ. Sez. II, 19 febbraio 1996, n. 1280; Cass. civ. Sez. I, 9 ottobre 1996, n. 8825; Cass. civ. Sez. II, 13 giugno 1997, n. 5342; Cass. civ. Sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1502; Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 2000, n. 7033; Cass. civ. Sez. III, 1 aprile 2004, n. 6395; Cass. civ. Sez. II, 24 giugno 2009, n. 14796; Cass. civ. Sez. II, 5 maggio 2010, n. 10859; Cass. civ. Sez. II, 19 luglio 2011, n. 15848; Cass. civ. Sez. VI, 14 giugno 2012, n. 9764; nella giurisprudenza di merito espressamente Trib. Salerno, 12 maggio 2014; Trib. Padova Sez. I, 9 aprile 2010; Trib. Verona, 7 giugno 2001; Trib. Bari Sez. I, 10 dicembre 2007; Trib. Sanremo, 2 gennaio 1998; Trib. Cagliari, 13 ottobre 1997; Trib. Nocera Inferiore, 3 marzo 1995; Trib. Napoli, 16 gennaio 1993; Trib. Cagliari, 22 maggio 1989; Trib. Cagliari, 1 luglio 1985).

Si tratta quindi di ricostruire ora l’impianto normativo del vitalizio alimentare cercando di mettere in rilievo le esigenze alla cui soddisfazione esso tende e la disciplina applicabile.

Gianfranco Dosi
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