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La causa dei trasferimenti immobiliari in separazione e divorzio - (Aggiornamento Cass. civ. Sez. Unite, 29 luglio 2021, n. 21761)
Qualsiasi causa (art. 1325, n. 2, c.c.) in linea teorica può sorreggere le attribuzioni patrimoniali operate o programmate in un accordo di separazione o divorzio. L’attribuzione può essere sorretta dalla onerosità del debito di mantenimento, da spirito di liberalità ovvero da una causa diversa: per esempio una compravendita; non è affatto escluso che un coniuge in occasione della separazione o del divorzio ceda un proprio immobile all’altro in cambio di un corrispettivo. Può trattarsi di una permuta. Può anche aversi un contratto misto (negotium mixtum cum donatione) se il corrispettivo consiste in un prezzo sensibilmente più basso rispetto a quello di mercato, denotando con ciò una intenzione di parziale liberalità dell’atto.
Insomma tra coniugi non c’è necessariamente quella che il Testo unico sull’imposta di registro presume iuris tantum, tassandola conseguentemente, una attribuzione per spirito di liberalità[1]; l’attribuzione può avvenire per molteplici ragioni e quindi può anche essere caratterizzata da una causa onerosa (Corte cost. 25 febbraio 1999, n. 41 che dichiarò costituzionalmente illegittimo l’art. 26, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131- Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, nella parte in cui esclude la prova contraria diretta a superare la presunzione di liberalità dei trasferimenti immobiliari tra coniugi) ed anzi è certamente una causa onerosa se consiste, come avviene di solito, in una attribuzione sostitutiva dell’obbligo di mantenimento.
Fino a qualche tempo fa il problema più importante dibattuto in materia di trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio era proprio, da un punto di vista civilistico, quello della riconoscibilità della causa per sorreggere l’attribuzione patrimoniale che altrimenti sarebbe affetta da nullità. Il nostro sistema giuridico prevede, infatti, la causa tra i requisiti necessari del contratto (art. 1325 c.c.) a pena di nullità (art. 1418, secondo comma, c.c.). Non basta l’accordo tra le parti, serve una giustificazione economico-sociale dell’atto di autonomia patrimoniale. Il sistema si fonda sul principio che nessuna attribuzione patrimoniale può considerarsi valida se non vi è una giustificazione causale (tipica o atipica).
a) Causa atipica
Nella prima fase di questo dibattito, prevalse in giurisprudenza la tesi della natura atipica della causa dei contratti con cui in sede di separazione o divorzio, tra coniugi si effettuano trasferimenti immobiliari. In verità – si diceva - i trasferimenti non avvengono né per spirito di liberalità né per compravendita ma perché uno dei coniugi riconosce il diritto dell’altro ad una prestazione assistenziale o compensativa e, anziché assolvere l’obbligo contributivo mediante il versamento di una assegno periodico o di un assegno in’ “unica soluzione” sceglie la forma del trasferimento del diritto reale o dell’immobile. Operazione che è certamente inquadrabile all’interno delle prestazioni una tantum (art. 5, comma 8 della legge sul divorzio) con gli effetti di definitività ivi indicati (Cass. civ. Sez. lavoro, 8 marzo 2012, n. 3635; Cass. civ. Sez. I, 5 settembre 2003, n. 12939)[2]. Un’operazione che talvolta è considerata più accettabile per entrambi i coniugi dell’assegno periodico.
Già si capisce da quanto detto che a fondamento dell’attribuzione patrimoniale vi è in genere la stessa giustificazione di carattere contributivo e assistenziale che sorregge la corresponsione dell’assegno periodico o dell’assegno in unica soluzione. Una vera e propria datio in solutum, cioè, come si diceva all’inizio, una attribuzione sostitutiva di un obbligo di mantenimento che dovrebbe essere altrimenti assolto con un assegno periodico o in un’unica soluzione.
Parte della giurisprudenza si esprimeva, appunto, in termini di causa atipica. Per esempio Cass. civ. Sez. II, 17 giugno 2004, n. 11342 riteneva trattarsi di “un contratto atipico distinto dalle convenzioni matrimoniali e della donazioni”; secondo Cass. civ. Sez. II, 21 febbraio 2006, n. 3747 e Cass. civ. Sez. II, 23 settembre 2013, n. 21736 si tratta di un “contratto atipico che assolve ad una funzione solutorio-compensativa dell'obbligo di mantenimento”; la sopra richiamata Cass. civ. Sez. I, 5 settembre 2003, n. 12939 parla di “negozio di natura transattiva ed aleatoria”.
Cass. civ. Sez. Unite, 29 luglio 2021, n. 21761 ha di recente confermato in modo inequivoco che l'accordo traslativo adottato in sede di divorzio così come in sede di separazione consensuale, non essendo espressamente previsto e disciplinato dalla legge, ha natura atipica.
b) Causa tipica
Altra giurisprudenza - anche sotto la spinta della dottrina – ha qualificato gli accordi in questione come aventi una propria causa tipica, individuandola nello specifico “spirito di sistemazione” dei rapporti reciproci di carattere patrimoniale in occasione della separazione o del divorzio (in quest’ultimo caso ai sensi dell’art. 5, comma 8, della legge 898/70).
Così Cass. civ. Sez. I, 23 marzo 2004, n. 5741 secondo cui tali accordi rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione della separazione consensuale o del divorzio congiunto e sfuggono alle connotazioni classiche dell'atto di "donazione" vero e proprio e dell’atto di vendita. La richiamata Cass. civ. Sez. I, 22 novembre 2007, n. 24321 ribadisce testualmente lo stesso concetto di tipicità causale. Ugualmente Cass. civ. Sez. V, 3 febbraio 2014, n. 2263 definisce le convenzioni concluse dai coniugi, in sede di separazione personale, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro relative a beni mobili o immobili, come rispondenti, di norma, al peculiare spirito di sistemazione dei rapporti in occasione della separazione consensuale.
In questa prospettiva di tipicità della causa è evidente che l’accordo contenente un trasferimento immobiliare acquista una sua dignità autonoma rendendo giustificata causalmente di fatto qualsiasi sistemazione effettuata o pianificata nelle intese di separazione o di divorzio. E non vi sarà alcuna necessità di giustificare in altro modo l’attribuzione patrimoniale.
Il riconoscimento della tipicità della causa degli accordi ha anche rivoluzionato e semplificato il tema delle agevolazioni fiscali, finendo per rendere di fatto ogni trasferimento effettuato in sede di separazione o divorzio esente fiscalmente, e invertendo l’onere della prova che resterà a carico dell’amministrazione finanziaria ove intendesse eccepire la finalità fiscalmente elusiva dell’attribuzione.
Questo cambiamento ha trovato ampia illustrazione in due importanti sentenze gemelle Cass. civ. Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 2111 e Cass. civ. Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 3110 (il cui contenuto è stato poi ripreso da Cass. civ. Sez. V, 6 dicembre 2018, n. 31603) - di cui si parlerà approfonditamente nel prossimo paragrafo - che, riconoscendo il carattere di negoziazione globale di tutti gli accordi di separazione e divorzio, culminato con la recente riforma sulla negoziazione assistita da avvocati nelle procedure di separazione e divorzio, ha chiuso il cerchio in ordine ai problemi della tipicità o meno degli accordi di separazione e di divorzio, dando ormai per acquisita la natura tipica di tali accordi, ed affermando, quindi, che tutti gli atti di trasferimento immobiliare contemplati negli accordi di separazione consensuale tra coniugi godono dell'esenzione fiscale, senza che rilevi che gli stessi siano solo occasionalmente generati dalla separazione ovvero che non siano connessi all'affidamento dei figli, al loro mantenimento ed a quello del coniuge, o al godimento della casa di famiglia.
La giurisprudenza considera oggi causa tipica dei trasferimenti tra coniugi la sistemazione dei reciproci rapporti patrimoniali dopo la scissione della coppia coniugale.
Di recente per esempio ha parlato espressamente, con riferimento alla separazione, di causa tipica Cass. civ. Sez. II, 25 ottobre 2019, n. 27409 la quale, afferma che costituisce ius receptum l'affermazione secondo cui gli accordi di separazione personale tra coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali concernenti beni mobili o immobili, rispondono di norma ad uno specifico spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di separazione consensuale, il quale sfugge alle connotazioni classiche sia dell'atto di donazione sia dell'atto di vendita e svela una sua tipicità propria la quale poi, di volta in volta, può colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità ovvero di quelli della gratuità, in ragione dell'eventuale ricorrenza in concreto dei connotati di una sistemazione solutorio-compensativa più ampia e complessiva, di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti aventi significati patrimoniali, anche solo riflessi, maturati nel corso della vita matrimoniale. La necessità di qualificare l'atto come oneroso o gratuito rileva poi al diverso fine dell'applicazione della disciplina differenziata di cui all'art. 2901 c.c. ma non incide sulla giustificazione causale dell'attribuzione patrimoniale, che appunto risiede nella sistemazione dei rapporti tra gli ormai ex coniugi.
Come si è anticipato nel paragrafo precedente, la questione sembra a questo punto risolta dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che ha riconosciuto e ravvisato la natura atipica dell’accordo traslativo adottato nei procedimenti della crisi (Cass. civ. Sez. Unite, 29 luglio 2021, n. 21761).
[1] Cass. civ. Sez. V, 6 aprile 2016, n. 6674. Ai fini tributari, i trasferimenti immobiliari posti in essere tra coniugi o tra parenti in linea retta si presumono donazioni se l'imposta dovuta per il trasferimento risulti inferiore a quella applicabile in caso di trasferimento a titolo gratuito (art. 26, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro). Tale presunzione può essere vinta solo attraverso la prova contraria, fornita con qualsiasi mezzo, che deve essere data dal contribuente. Se tale prova contraria, consistente nell'effettivo pagamento del corrispettivo, non viene prodotta dal contribuente, l'atto si presume a titolo gratuito e quindi non assoggettabile ad IVA, ma ad imposta di registro.
[2] Cfr la voce UNA TANTUM