I
La sospensione del processo civile per pregiudizialità: l’art. 295 (sospensione necessaria) e l’art. 337, secondo comma (sospensione discrezionale) del codice di procedura civile
A fondamento delle ipotesi più significative e problematiche di sospensione del processo previste nel codice di procedura civile vi è il fenomeno della pregiudizialità tra due cause.
Il codice di procedura civile prevede, infatti, la sospensione del processo civile (di cognizione) nel caso in cui la decisione da prendere in una causa dipende dalla soluzione di una controversia di cui si discute in un’altra causa (sospensione necessaria: art. 295) ovvero nel caso in cui in una causa – di cui, appunto si chiede la sospensione - si invoca l’autorità di una sentenza impugnata, e quindi non ancora passata in giudicato, adottata in un’altra causa (sospensione discrezionale: art. 337).
Si tratta di due situazioni omogenee in quanto in entrambi i casi in sostanza si chiede di sospendere un processo, cosiddetto pregiudicato, in attesa che la situazione cosiddetta pregiudicante (cioè l’altro processo ovvero la sentenza impugnata di cui si invoca l’autorità) possa considerarsi definitivamente certa.
Da queste due ipotesi – connotate da un rapporto di pregiudizialità tra due situazioni - si differenzia del tutto la sospensione del processo su istanza di parte prevista nell’art. 296 che risponde soltanto all’esigenza, invocata congiuntamente dalle parti, di sospendere per giustificati motivi e per un periodo di tempo limitato un processo in corso. Ugualmente ad esigenze diverse di natura cautelativa è preordinata la sospensione del processo esecutivo (articoli 623 e seguenti).
La sospensione del processo, quindi, a cui si fa qui riferimento, è quella prevista nell’art. 295 e nell’art. 337 del codice di procedura civile che può essere definita in entrambi i casi come sospensione per pregiudizialità.
L’art. 295 (sospensione necessaria) prescrive che “Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.
L’art. 337 (sospensione dell’esecuzione e dei processi) nell’ambito delle norme sull’impugnazione, dopo aver precisato al primo comma che “l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione…”, al secondo comma prevede che “quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se la sentenza è impugnata”.
È fondamentale osservare – prima di esaminarne la disciplina - che la sospensione del processo ha natura senz’altro eccezionale, in virtù di quanto indicato nel secondo comma dell’art. 111 della Costituzione (inserito dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) dove il disfavore verso ogni ipotesi di sospensione è espresso dalla previsione che la legge non deve tollerare una irragionevole durata del processo.
L’esigenza di una maggiore celerità del processo era stata anche perseguita dalla riforma del 1990 del processo civile (legge 26 novembre 1990, n. 353) che aveva eliminato la sospensione ex lege dell’efficacia della sentenza di primo grado, salva la richiesta di provvisoria esecuzione. Il testo vigente dell’art. 282 (riformato appunto nel 1990) dichiara la sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva salvo richiesta di sospensione al giudice di appello (art. 283). Analogamente è avvenuto più di recente per i provvedimenti camerali in materia di famiglia (art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile a seguito delle modifiche apportate dall’art 3 della legge 10 dicembre 2012, n. 219) che ugualmente “sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente”.
Altre ipotesi di sospensione del processo – sostanzialmente collegate ad una litispendenza e quindi pur sempre ad una condizione di pregiudizialità tra due cause - sono previste nella legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) che all’art. 7 (Pendenza di un processo straniero) prescrive che “Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio…”. In questo caso però tecnicamente non può parlarsi di sospensione necessaria in quanto l'art. 7, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218, prevede un'ipotesi eccezionale di sospensione facoltativa del processo pendente innanzi al giudice italiano, che, “in quanto espressione di discrezionalità tecnica, postula una mera valutazione, ad opera di quest'ultimo, della idoneità alla produzione di effetti, nell'ordinamento interno, da parte del provvedimento straniero pregiudiziale, così differenziandosi dalla più generale previsione di cui all'art. 295 cod. proc. civ. che impone, invece, la sospensione della causa pregiudicata qualora la sua decisione dipenda da quella della controversia pregiudiziale, con la conseguenza che il sindacato di legittimità sulla corrispondente ordinanza, in sede di regolamento di competenza, deve essere circoscritto al controllo sulla completezza, correttezza e logicità delle argomentazioni in essa utilizzate, senza poter investire l'opportunità della scelta (Cass. civ. Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 13567). Si parla in questo caso di regolamento di competenza improprio.
Prevede invece una sospensione obbligatoria ex lege il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, all’art. 19 (Litispendenza e connessione) prescrive al primo comma che “Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diverse e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita” e al secondo comma che “Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita”.
Lo stesso avviene secondo il Regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale il quale all’art. 27 (Litispendenza e connessione) prescrive che “Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza”.
Va chiarito che l'esistenza di un rapporto d'identità, connessione o pregiudizialità tra due procedimenti, pendenti dinanzi a giudici diversi o sezioni diverse del medesimo ufficio giudiziario, non giustifica la sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c., dovendo in tal caso il giudice della causa pregiudicata rimettere il fascicolo al capo dell'ufficio, affinché provveda ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.c.. (Cass. civ. Sez. VI - 3, 17 maggio 2017, n. 12441; Cass. civ. Sez. VI - 3, 17 maggio 2017, n. 12436; Cass. civ. Sez. VI - 3, 29 aprile 2016, n. 8474; Tribunale Roma, 14 maggio 2018).
In ogni caso la sospensione necessaria del processo per pregiudizialità, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., rispondendo all'esigenza, di ordine pubblico, di evitare il conflitto di giudicati, deve essere disposta dal giudice di merito, non appena ne ravvisi i presupposti, anche d'ufficio, indipendentemente, cioè, da un'istanza di parte che, qualora formulata, equivale ad una semplice sollecitazione all'esercizio del potere officioso (Cass. civ. Sez. VI - 3, 26 settembre 2019, n. 23989).