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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
SEPARAZIONE DEI BENI

I

Che cosa comporta la scelta del regime patrimoniale della separazione dei beni?

Della separazione dei beni – che oggi costituisce statisticamente il regime patrimoniale più diffuso nelle famiglie coniugali – sono sopravvissute nel codice civile, dopo la riforma del 75, soltanto quattro norme: l’art. 215 che esplicita il meccanismo distributivo su cui il regime si fonda (ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni che acquista durante il matrimonio); l’art. 217 che disciplina l’amministrazione e il godimento dei beni acquistati; l’art. 218 che assimila le obbligazioni del coniuge che partecipa al godimento delle proprietà dell’altro a quelle dell’usufruttuario e, infine, l’art. 219 che detta la disciplina della prova nel contenzioso sulla proprietà dei beni.

Apparentemente si tratta di norma di semplice lettura ma, come si vedrà, l’interpretazione di queste quattro disposizioni ha fatto emergere molteplici aspetti problematici non ancora tutti risolti.

Il primo aspetto che merita di essere approfondito è proprio contenuto nella norma base di questo regime – l’art. 215 c.c. – dove si legge che “i coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità dei beni acquistati durante il matrimonio”. Quindi i coniugi possono “convenire”, cioè scegliere in modo condiviso, il regime della separazione dei beni. Se la scelta è in frode ai creditori la convenzione sarà oggetto possibile di azione revocatoria (App. Trento, 6 novembre 2001). Se i coniugi non effettuano alcuna scelta rimarranno nel regime legale della comunione dei beni (art. 159 c.c.). La differenza, quindi, tra il regime legale della comunione e quello della separazione sta innanzitutto nella scelta del regime. In separazione dei beni si entra solo se lo si vuole. Nel sistema anteriore alla riforma del 1975, invece, il regime della separazione dei beni era di fatto quello legale in quanto la comunione (oltre alla dote e al patrimonio familiare) poteva instaurarsi solo attraverso un convenzione, in mancanza della quale i patrimoni dei coniugi rimanevano separati.

Gli acquisti quindi che ciascun coniuge effettua in regime di separazione dei beni, rimangono di esclusiva proprietà del coniuge acquirente. Il bene, invece, acquistato e pagato da entrambi i coniugi, entra naturalmente in comunione ordinaria.

La scelta dei coniugi di avvalersi del regime di separazione dei beni può essere espressa al momento del matrimonio civile (art. 162, co. 2 c.c.) con una apposita dichiarazione che l’ufficiale di stato civile deve inserire nell’atto di matrimonio (art.64, ult. co. dell’ordinamento di stato civile approvato con DPR 3 novembre 2000, n. 396) oppure subito dopo la celebrazione del matrimonio concordatario con dichiarazione che il celebrante inserirà nell’atto (art. 8 co, del1’Accordo del 18 febbraio 1984 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede trasfuso nella legge 25 marzo 1987, n. 121).

La scelta può avvenire però anche in seguito – come di frequente avviene – con una apposita convenzione matrimoniale stipulata per atto pubblico sotto pena di nullità (art. 162 c.c.). In tal caso i coniugi transiteranno dal regime legale a quello della separazione dei beni all’atto della firma della convenzione davanti al notaio.

La scelta del regime può avvenire anche prima del matrimonio. L’art. 162 c.c. prevede, infatti, che le convenzioni matrimoniali possano essere stipulate “in ogni tempo” e d’altro lato l’art. 163 c.c. nell’esprimere il principio generale della loro modificabilità lo riferisce espressamente alle “convenzioni anteriori o successive al matrimonio”. Pertanto prima di sposarsi due nubendi possono di fatto obbligarsi con atto pubblico al regime suddetto che regolerà la loro vita matrimoniale. In fondo si tratta di una vera e propria convenzione prematrimoniale.

Ci sono però anche casi in cui si entra nel regime patrimoniale di separazione dei beni non per scelta ma automaticamente. Si consideri a tale proposito, infatti, che l’art. 191 del codice civile indica il fallimento di uno dei coniugi tra le ipotesi in cui la comunione legale si scioglie automaticamente. Ebbene, se un imprenditore fallito decide di contrarre matrimonio, non potrebbe mai, al momento della celebrazione, entrare automaticamente in comunione legale. Il fallito che contrae matrimonio entra quindi automaticamente in regime di separazione dei beni ancorché manchi la dichiarazione al momento della celebrazione.

Il regime di separazione dei beni comporta l’esclusiva proprietà dei beni in capo al coniuge che li acquista. Correttamente quindi l’art. 217 c.c. prevede che il coniuge titolare della proprietà del bene “ha il godimento e l’amministrazione dei beni di cui è titolare”. Titolo di proprietà e diritti di godimento e di amministrazione coincidono.

Se è vero che la separazione dei beni offre soprattutto protezione al coniuge proprietario (o comunque ad entrambi se entrambi hanno redditi propri) è anche vero che il regime di separazione - che esclude operatività alle regole della comunione legale - può certamente offrire anche maggiore tutela al coniuge non proprietario. Si pensi al caso in cui uno dei due coniugi sia imprenditore. I creditori, in regime di comunione legale, secondo quanto prevede il secondo comma dell’art. 189 c.c., potrebbero aggredire sia pure pro quota i beni facenti parte della comunione e quindi la scelta della separazione in questi casi potrebbe avere anche la funzione di protezione del coniuge non imprenditore e cioè del coniuge meno esposto ai rischi dell’attività di impresa.

Gianfranco Dosi
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Lessico di diritto di famiglia