I
Quali diritti sono riconosciuti in sede successoria al coniuge superstite?
Il secondo libro del codice civile – dedicato alle successioni – colloca al primo posto tra i successibili il coniuge superstite (art. 565 c.c.), inserendolo anche, sempre al primo posto, nella categoria degli eredi necessari (art. 536 c.c.).
Secondo le norme sulla successione legittima (titolo II del secondo libro), in assenza di disposizioni testamentarie l’eredità si devolve al coniuge superstite per intero se non vi sono figli, ascendenti o fratelli e sorelle (art. 583 c.c.), altrimenti si suddivide con tali soggetti. Se vi è un solo figlio al coniuge superstite è devoluta la metà dell’eredità; se vi sono più figli il coniuge eredita solo un terzo (art. 581). Se non vi sono figli, ma ascendenti o fratelli e sorelle, l’eredità devoluta al coniuge è di due terzi (art. 582 c.c.).
Le stesse disposizioni si applicano al coniuge putativo (art. 584 c.c.), cioè al coniuge superstite di buona fede, non passato a nuove nozze, in caso di annullamento del matrimonio. In tal caso è garantita al coniuge superstite anche la riserva di cui all’art. 540 c.c. di cui si parlerà oltre.
Come detto, il codice civile attribuisce al coniuge anche la qualifica di erede necessario, inserendolo al primo posto tra i legittimari (art. 536 c.c.). Pertanto, nel caso in cui vi sia una disposizione testamentaria, è prevista a suo favore una riserva – tutelabile con l’azione di riduzione – che, in assenza di figli, è della metà del patrimonio ereditario (art. 540, primo comma, c.c.). In concorso con un figlio la riserva è di un terzo e, in presenza di più figli, di un quarto (art. 542 c.c.). Se non vi sono figli ma concorrono con il coniuge gli ascendenti del de cuius la riserva a favore del coniuge è della metà del patrimonio ereditario (art. 544 c.c.). Il testatore non potrà quindi violare questi limiti.
Gli stessi diritti sopra ricordati ha il coniuge superstite separato senza addebito (art. 585, primo comma c.c.). Al coniuge cui sia stata addebitata la separazione spetterà un assegno vitalizio di natura alimentare a carico degli eredi, se nelle condizioni vigenti di separazione è previsto un assegno alimentare (art. 585, secondo comma e art. 584 c.c.).
L’ex coniuge divorziato non ha alcun diritto successorio salvo quelli che, ove sia titolare di assegno divorzile, gli sono espressamente riconosciuti dalla legge 1° dicembre 1970, n. 898 e successive modificazioni, e sempre che i rapporti economici non siano stati definiti, ex art. 5 comma 8 della legge sul divorzio, con una prestazione una tantum. In particolare, in presenza di tali presupposti, gli è riconosciuto: a) il diritto alla pensione di reversibilità, eventualmente in concorso con il coniuge superstite e con gli altri ex coniugi divorziati (art. 9, dal secondo comma, legge divorzio); b) se versa in stato di bisogno, un assegno periodico a carico degli eredi (art. 9-bis); c) il diritto ad una quota del trattamento di fine rapporto percepito dal de cuius, pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza anche in caso di decesso dell’obbligato alla corresponsione dell’assegno divorzile (Cass. civ. Sez. I, 4 febbraio 2000, n. 1222; Cass. civ. Sez. I, 19 settembre 2008, n. 23880).
Naturalmente il coniuge superstite avrà diritto anche, ove in regime di comunione legale, alla metà degli acquisti effettuati, insieme o separatamente, in costanza di matrimonio (art. 177 c.c.), e pertanto in tal caso le norme sulla successione sopra esaminate interesseranno solo l’altra metà del patrimonio oltre all’intero patrimonio personale del coniuge defunto.
Vi è poi – entrando nel tema specifico che qui si esamina – il diritto riconosciuto dall’art. 540, secondo comma, del codice civile senza il quale il coniuge superstite rischierebbe di non poter continuare a risiedere nella casa in cui fino a quel momento ha abitato (quindi si tratta di un diritto riconosciuto soltanto relativamente alla casa familiare: Cass. civ. Sez. II, 12 giugno 2014, n. 13407; Cass. civ. Sez. II, 14 marzo 2012, n. 4088; Cass. civ. Sez. II, 27 febbraio 1998, n. 2159; App. Genova Sez. III, 4 aprile 2007), se di proprietà del coniuge defunto o in comproprietà con il coniuge defunto (ma non se in comproprietà del coniuge defunto con terzi: Cass. civ. Sez. II, 23 maggio 2000, n. 6691; Cass. civ. Sez. II, 22 luglio 1991, n. 8171; Trib. Trieste, 31 marzo 2011; Trib. Bari Sez. I, 8 ottobre 2007; Trib. Cagliari, 5 aprile 2006; App. Cagliari, 26 settembre 2005; Trib. Roma, 26 marzo 2003; Trib. Nocera Inferiore, 4 ottobre 2000).
La collocazione dell’art. 540 c.c. nel titolo dedicato ai “diritti riservati ai legittimari” e la sua stessa denominazione, potrebbe far ritenere che la riserva a favore del coniuge dei “diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredono” (art. 540, secondo comma, c.c.) sia prevista esclusivamente per il caso di successione testamentaria. Invece, come si dirà, le Sezioni unite della Cassazione con una decisione storica (Cass. civ. Sez. Unite, 27 febbraio 2013 n. 4847) e in adesione all’interpretazione prevalente data in dottrina all’istituto in questione, hanno ritenuto di estenderne l’applicazione anche al di fuori della successione testamentaria e quindi in tutte le ipotesi in cui si apre la successione.
Il diritto di abitazione in questione non è riconosciuto al convivente more uxorio (App. Roma Sez. IV, 2 dicembre 2013).