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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
RICONCILIAZIONE - Aggiornamento a cura dell'Avv. Matilde Giammarco - Ottobre 2022

I

Il quadro normativo - (Aggiornamento al 21 ottobre 2022, sentenze varie)

Di riconciliazione – non meglio definita nei codici - si parla nel diritto di famiglia per riferirsi a quella condizione di “integrale ripresa del consortium vitae” tra coniugi (come si esprimono Cass. civ. Sez. VI, 24 agosto 2016, n. 17318; Cass. civ. Sez. VI, 24 agosto 2016, n. 17318; Cass. civ. Sez. I, 16 giugno 2020 n. 11636; Cass. Civ. 21 maggio 2021 n. 14037; Trib. Vicenza, Sez. II, 14 luglio 2021, n. 1476) che era stato infranto dallo stato di separazione ed il cui ripristino non può essere efficace se fatto a mero scopo sperimentale e provvisorio.

La prima norma che ne tratta è l’art. 154 c.c. (Riconciliazione) dove si legge che “La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta”. Una norma analoga non è prevista per il procedimento di divorzio. L’aspetto giuridico più problematico che si presenta è quello di differenziare gli effetti della riconciliazione (che porta o dovrebbe portare all’abbandono della causa di separazione) rispetto agli effetti dell’abbandono della causa da parte dei coniugi senza alcuna riconciliazione (art. 181 c.p.c.) ed in cui il giudice dichiara l’estinzione del processo. Il tema comporta l’approfondimento del discutibile principio contenuto nell’art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (applicabile, come si dirà, sia alla separazione che al divorzio).

La seconda norma che si occupa della riconciliazione è l’art. 157 c.c. (Cessazione degli effetti della separazione) in cui si prevede al primo comma che “I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione” e al secondo comma che “La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione”. Qui la norma fa riferimento alla ripresa del consortium vitae dopo il giudicato di separazione e l’intenzione evidente del legislatore è quella di agevolare la ripresa della vita matrimoniale non gravando i coniugi che si riconciliano di oneri processuali imposti come necessari per la cancellazione della pronuncia.

C’è una terza disposizione che tratta espressamente il tema della riconciliazione ed è contenuta nella legge sul divorzio, dove si prescrive che in caso di domanda di divorzio in seguito al giudicato di separazione “L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta” (art. 3, n. 2 b, ultima parte, legge 1 dicembre 1970, n. 898 come modificato dalla legge 6 marzo 1987, n. 74). Qui il legislatore non usa il termine “riconciliazione” ma è questo il significato della disposizione il cui fondamento appare solo quello di imporre il rispetto formale della sequenza prevista tra il procedimento di separazione e quello di divorzio.

È appena il caso di osservare che alla riconciliazione tra coniugi tende anche, nella interpretazione tradizionale della norma, il “tentativo di conciliazione” che il presidente del tribunale è chiamato a fare all’inizio del procedimento di separazione (art. 708 c.p.c.) e di divorzio (art. 4, comma 8, legge 1 dicembre 1970, n. 898), prima dell’adozione dei provvedimenti provvisori e urgenti.

Gianfranco Dosi
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Lessico di diritto di famiglia