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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
RESTITUZIONE DELL'ASSEGNO DI MANTENIMENTO CORRISPOSTO IN ECCESSO - Aggiornamento a cura dell'avv. Maria Limongi - Aprile 2021

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Il problema della ripetibilità o meno degli importi di mantenimento corrisposti in eccesso - (Aggiornamento: Cass. civ. Sez. I, 23 maggio 2014, n. 11489 Cass. civ. Sez. I, 30 agosto 2019, n. 21926)

Il problema della ripetibilità o meno dell’assegno di mantenimento che, a causa di una decisione che revoca l’obbligo di pagamento o lo riduce, risulta corrisposto in eccesso, costituisce per la giurisprudenza un tema nel quale sembrano prevalere più le ragioni di equità che le motivazioni di diritto.

Nelle decisioni che hanno affermato l’irripetibilità degli importi corrisposti in eccesso la giurisprudenza ha utilizzato due motivazioni, ciascuna delle quali viene considerata sufficiente a sorreggere l’orientamento adottato.

Da un lato si richiama – soprattutto nelle decisioni meno recenti - l’art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile che prevede la conservazione dell’efficacia dei provvedimenti provvisori oltre l’estinzione della causa fino a diverso provvedimento che li sostituisca.

Dall’altro lato si sostiene che l’assegno di mantenimento ha in senso ampio natura alimentare e che proprio per questa ragione non sarebbe ripetibile. Questa motivazione è diventata nel tempo quella prevalente.

Si esaminano ora queste due ragioni giustificatrici.

a) Il richiamo all’art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile

La prima ragione – secondo le sentenze che hanno trattato questo aspetto soprattutto negli anni Novanta - si rinverrebbe nell’art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, secondo cui l’ordinanza del presidente o anche quella del giudice istruttore modificativa “conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo finché non sia sostituita con altro provvedimento…”. Pertanto, allorquando la sentenza di separazione dovesse escludere o ridurre il mantenimento, la irripetibilità delle somme o delle maggiori somme corrisposte sulla base dei provvedimenti presidenziali, dipenderebbe anche dalla dichiarata stabilità dell’efficacia dei provvedimenti provvisori adottati all’inizio o nel corso della causa di separazione. L’art. 189 in questione, quindi, secondo questo ragionamento, implicitamente affermerebbe il principio che i provvedimenti provvisori “possono essere modificati solo da un provvedimento di carattere sostanziale definitivo” come testualmente si legge in alcune decisioni.

Propongono questo ragionamento Cass. civ. Sez. I, 18 settembre 1991, n. 9728; Cass. civ. Sez. I, 12 aprile 1994, n. 3415; Cass. civ. Sez. I, 5 novembre 1996, n. 9641; Cass. civ. Sez. I, 5 ottobre 1999, n. 11029.

Il richiamo all’art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, tuttavia, non è particolarmente convincente, perché, intendendo riferirsi alla circostanza che un provvedimento conserva efficacia finché non è sostituito da un provvedimento successivo, propone una lettura sostanzialmente tautologica della disposizione. In realtà quella norma non vuole affermare un principio così banale, ma si riferisce alla sola ipotesi di estinzione del processo di separazione dopo l’adozione dei provvedimenti provvisori. In tal caso prescrive che tali provvedimenti non si estinguono, come avverrebbe per qualsiasi altro provvedimento provvisorio in caso di estinzione della causa in cui è stato adottato. Pertanto il richiamo all’art. 189 disp. att. c.p.c. non appare del tutto pertinente e non può essere plausibilmente utilizzato ai fini della soluzione della irripetibilità delle somme corrisposte in eccesso.

b) Il richiamo alla natura alimentare dell’assegno di mantenimento

Decisamente convincente è, invece, l’altra ragione utilizzata per sostenere la irripetibilità degli importi corrisposti in eccesso rispetto a quanto stabilito nella fase precedente del giudizio di separazione e cioè la ritenuta natura alimentare dell’assegno di mantenimento.

L’interpretazione in termini sostanzialmente alimentari dell’assegno di separazione è stata autorevolmente sostenuta da Corte cost. 21 gennaio 2000, n. 17 che ritenne non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 2751 n. 4 c.c. nella parte in cui, secondo il giudice che aveva sollevato la questione, attribuirebbe natura privilegiata al solo credito alimentare (cui espressamente la norma si riferisce) ma non a quello di separazione. La Corte ritenne, invece, che “si deve prescindere da considerazioni puramente nominalistiche, per guardare al profilo funzionale” e in questa prospettiva il credito alimentare e quello di mantenimento – pur strutturalmente diversi - assolvono ad una funzione omogenea in senso lato alimentare.

Perché mai la natura alimentare dovrebbe determinare l’irripetibilità dell’assegno corrisposto in eccesso? Effettivamente una disposizione che prevede questo effetto non esiste nei codici ma la giurisprudenza ritiene di poter desumere il principio da altre norme relative ai crediti alimentari; nello specifico dall’art. 445 c.c. (decorrenza degli alimenti) in base al quale gli alimenti sono dovuti quanto meno dal giorno della domanda; dall’art. 447 c.c. (inammissibilità di cessione e di compensazione) a norma del quale il credito alimentare “non può essere ceduto” né l’obbligato lo può opporre in compensazione; dall’art.545 c.p.c. che dichiara impignorabili i crediti alimentari. Perciò l’insieme di queste tutele forti (decorrenza dalla domanda, non cedibilità, non compensabilità, non pignorabilità) stanno a significare che l’assegno di mantenimento è corrisposto per essere consumato per i bisogni dell’alimentando e per tale ragione non ne può essere ragionevolmente possibile nemmeno la restituzione.

In alcune prime decisioni non erano state proposte sfumature particolari relativamente alla natura sostanzialmente alimentare dell’assegno. Così, per esempio in Cass. civ. Sez. I, 5 novembre 1996, n. 9641 e in Cass. civ. Sez. I, 23 aprile 1998, n. 4198 si legge che le eventuali maggiori somme percepite dal coniuge, in virtù di provvedimenti provvisori, non sono ripetibili, considerato che l'assegno provvisorio è ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario, il quale non è tenuto ad accantonarne una parte in previsione dell'eventuale riduzione, desumendosi quindi l’irripetibilità dal fatto che le prestazioni pecuniarie percepite senza dolo o colpa in base a provvedimenti giurisdizionali attinenti al diritto di famiglia, destinati a soddisfare esigenze di carattere alimentare e comunque ad assicurare i mezzi economici necessari a far fronte alle esigenze della vita dei percettori sono normalmente consumate per adempiere a tale loro destinazione.

c) L’orientamento attuale che collega l’irripetibilità alla modestia dell’importo del mantenimento corrisposto in eccesso (aggiornamento: Cass. civ. Sez. I, 23 maggio 2014, n. 11489, Cass. civ. Sez. I, 30 agosto 2019, n. 21926)

Si è imposto successivamente – a partire dall’inizio degli anni Duemila - un orientamento che distingue a seconda che la misura dell’assegno sia più o meno significativa, garantendo l’irripetibilità solo agli importi del mantenimento corrisposti in eccesso “di modesta entità”.

La sentenza che fa da apripista a questo nuovo orientamento è Cass. civ. Sez. I, 9 settembre 2002, n. 13060 in una lunga vicenda non di separazione ma di divorzio, in cui la Corte d’appello aveva ridotto di molto l’importo del mantenimento divorzile rispetto alla sentenza di primo grado provocando una richiesta di restituzione non accolta degli importi corrisposti in eccesso. Si ricorda in questa sentenza che “secondo l'indirizzo giurisprudenziale di questa corte, formatosi in materia di separazione personale dei coniugi e di assegno di mantenimento, gli effetti della decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento, ovvero ne riduce la misura, non includono la ripetibilità delle (maggiori) somme corrisposte a tale titolo sino al formarsi del giudicato (Cass. n. 9728/1991, n. 3415/1994, n. 4198/1998, n. 11029/1999). Lo stesso principio non è stato finora applicato in relazione a somme percepite in eccesso a titolo di assegno di divorzio. Precisa l’estensore della sentenza – proponendo una differenziazione tra assegno di separazione e assegno di divorzio - che l'assegno di divorzio, attribuito allo scopo di evitare l'apprezzabile deterioramento delle precedenti condizioni di vita, pur essendo di natura eminentemente assistenziale, non necessariamente e non sempre soddisfa mere esigenze di mantenimento o di carattere alimentare. Questa funzione alimentare, d'altronde, non può essere aprioristicamente e genericamente esclusa in ogni caso, perché il tenore di vita durante il periodo matrimoniale potrebbe non essere stato molto alto (e quello successivo essere ancora peggiore) ovvero perché il gioco dei fattori di quantificazione dell'assegno potrebbe averlo ridotto ad una somma molto modesta, prossima ai livelli alimentari. In casi simili cioè quando, l'entità dell'assegno di divorzio sia molto modesta, bastevole a soddisfare solo esigenze di carattere alimentare - – questo è in sostanza il principio affermato - non sussistono differenze giuridicamente apprezzabili tra l’assegno divorzile e l'assegno di separazione, e pertanto le maggiori somme percepite, a titolo di assegno di divorzio, rispetto a quelle definitivamente assegnate, non sono ripetibili. E ciò per gli stessi motivi, indicati nella giurisprudenza che ha affrontato la questione in sede di separazione, riconducibili anche al fatto che le somme, se obiettivamente esigue, si presumono consumate per il sostentamento del beneficiario, non avendo costui avuto la possibilità di accantonarne una parte per l'eventuale restituzione.

Anche nelle decisioni successive e più recenti si è ribadito l’orientamento che ammette che il giudice possa escludere in concreto la natura alimentare dell’assegno in relazione alla non modesta entità del contributo previsto, escludendo quindi la ripetibilità.

In Cass. civ. Sez. I, 10 ottobre 2003, n. 15164 si discuteva il ricorso della ex coniuge di un pensionato deceduto contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo aveva respinto la domanda di restituzione delle maggiori somme indebitamente erogate dall’ente pensionistico al coniuge superstite. La Corte d’appello aveva respinto la domanda di restituzione. La Corte di cassazione accoglieva il ricorso ricordando come “questa Corte ha già affermato la irripetibilità degli assegni per i figli (liquidati e percepiti nel corso del giudizio di modifica delle condizioni di separazione) e in generale (ex art. 447 c.c. e art. 545 c.p.c.) delle prestazioni alimentari indebitamente percepite in base a sentenza di primo grado poi riformata (Cass. 5 novembre 1996, n. 9641). Di recente, poi, in materia di assegno di divorzio, questa Corte ha analogamente statuito che ove tale assegno - previsto dalla legge allo scopo di evitare l'apprezzabile deterioramento delle precedenti condizioni di vita del coniuge richiedente e quindi con natura eminentemente assistenziale - sia destinato, nei fatti, a soddisfare, per la sua non elevata entità, esigenze di carattere alimentare, le somme percepite a tale titolo in forza di sentenza poi riformata sono irripetibili (Cass. 9 settembre 2002, n. 13060). Il suddetto principio di irripetibilità delle somme percepite in forza di provvedimenti ex art. 708 c.p.c., deve ritenersi applicabile anche in materia di ripartizione di trattamenti pensionistici ex art. 9 della legge n. 898 del 1970 fra coniuge superstite e coniuge divorziato, nei limiti in cui detti trattamenti siano riconducibili a prestazioni che, per la loro misura e le condizioni economiche del percettore, possano ritenersi dirette ad assicurare unicamente i mezzi economici necessari per fare fronte alle esigenze di vita.

Uguali principi vengono poi affermati da Cass. civ. Sez. I, 22 febbraio 2008, n. 4527. Il Tribunale di Roma aveva determinato, su domanda dell’obbligato al pagamento di un assegno divorzile, in oltre 50 milioni di lire (pari a 650.000 lire per 78 mesi) l’ammontare degli importi corrisposti in eccesso alla di lui ex moglie dal proprio ente pensionistico ma aveva rigettato una domanda di sospensione del versamento della pensione fino all’integrale restituzione degli importi erogati in eccesso. La Corte d’appello aveva confermato la decisione. La Corte di cassazione confermava la decisione avendo la Corte d’appello “con accertamento di fatto congruamente motivato, ritenuto che le somme percepite in eccesso dalla ex moglie erano dirette, sia per la loro entità che per le condizioni economiche e personali della beneficiarla - nullatenente, priva di attività lavorativa e di età avanzata ad assicurare unicamente i mezzi economici per far fronte alle esigenze della vita, così da essere normalmente consumate per adempiere a tale loro destinazione". Sulla scorta di tale accertamento di fatto – concludono i giudici - non ricorrono gli estremi della violazione di norme di diritto avendo la Corte di merito fatto esatta applicazione del principio di irripetibilità dell'assegno di divorzio e di ogni altra prestazione pecuniaria percepita, senza dolo o colpa grave, in base a provvedimenti giurisdizionali attinenti al diritto di famiglia, destinati a soddisfare esigenze di carattere alimentare e comunque ad assicurare i mezzi economici necessari a far fronte alle esigenze della vita dei percettori così da essere normalmente consumati per adempiere a tale loro destinazione (Cass. 2002/13060; 2003/15164).

Il principio che fa riferimento alla modesta entità delle somme percepite in eccesso è stato poi ribadito da Cass. civ. Sez. I, 28 gennaio 2009, n. 2182 che conferma una sentenza che aveva accolto una domanda di restituzione di somme corrisposte in eccesso a titolo di assegno divorzile “in quanto la corte territoriale ha espressamente motivato in ordine alla natura non alimentare di tali somme, in considerazione dell'entità dell' assegno e tale motivazione, pur tenendo conto del carattere relativo della valutazione, che deve tenere conto delle condizioni economiche e sociali dell'obbligato, non è superata dalle critiche mosse dalla ricorrente”.

Successivamente è stato ribadito anche da Cass. civ. Sez. I, 20 marzo 2009, n. 6864 in una vicenda di separazione nella quale la Corte d’appello aveva condannato il coniuge percipiente alla restituzione delle somme maggiori percepite. La Corte di cassazione riteneva fondato il motivo e accoglieva il ricorso precisando che gli effetti della decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento, ovvero ne riduce la misura, non possono comportare la ripetibilità delle somme o delle maggiori somme corrisposte a tale titolo in forza di provvedimenti non definitivi, qualora queste, per la loro non elevata entità, siano comunque destinate ad assicurare il diritto al mantenimento del coniuge, che non disponga di adeguati redditi propri, fino all'eventuale esclusione del diritto stesso o al suo affievolimento in un diritto meramente alimentare, che può derivare solo dal giudicato, e si presumono, in ragione della modestia del loro importo, consumate per il sostentamento del coniuge stesso, il quale non è pertanto tenuto ad accantonarle in previsione dell'eventuale successiva esclusione del diritto all'assegno o di una sua riduzione.

Più recentemente gli stessi principi sono stati confermati da Cass. civ. Sez. VI, 29 maggio 2014, n. 12085 in una vicenda in cui la Corte d'Appello di Brescia, aveva ridotto la misura dell’assegno (per i figli e per il coniuge) e respinto la domanda di restituzione. Rilevano i giudici della Cassazione che le maggiori somme dovute mensilmente in virtù della pronuncia di primo grado sono irripetibili perché destinate ad assicurare il mantenimento dei familiari beneficiari e perché, calcolate su base mensile, risultano di entità non elevata. Il diritto alla ripetizione come espressamente evidenziato dalla Corte, non costituisce una conseguenza automatica della riduzione dell'assegno di mantenimento, anche quando la quantificazione inferiore retroagisca alla domanda, attesa la natura sostanzialmente alimentare dell'obbligazione pecuniaria in questione e tenuto conto delle garanzie di incompensabilità, impignorabilità ed irripetibilità dalle quali è assistita. Cass. civ. Sez. I, 23 maggio 2014, n. 11489 consente invece, la restituzione delle somme versate in eccesso per il mantenimento del figlio maggiorenne nel caso di sopravvenuta indipendenza economica (assegno per ciò ridotto in sede di revisione) ricordando che “in tema di mantenimento della prole, l'irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato a quello beneficiario, nel periodo intercorrente tra la data della domanda di revisione delle condizioni di divorzio e quella del suo accoglimento, in ragione della sopravvenuta indipendenza economica dei figli maggiorenni, si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato soggetti autosufficienti in un periodo, in cui, stante la pendenza della controversia, era noto il rischio restitutorio”.

Sulla irripetibilità Cass. civ. Sez. VI – 1, 20 luglio 2015, n. 15186 ha ribadito chein tema di separazione personale, la riduzione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge e dei figli decorre dal momento della pronuncia giudiziale che ne modifica la misura” e pertanto non è “rimborsabile quanto percepito dal titolare di alimenti o mantenimento” (conforme Cass. civ. Sez. VI - 1, 6 giugno 2017, n. 14027). Per gli stessi motivi Cass. civ. Sez. VI, 4 luglio 2016, n. 13609 ha affermato che la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione a titolo di assegno per il mantenimento del figlio non può essere costretta a restituirle dopo la raggiunta autosufficienza economica del figlio medesimo (conforme 25166 del 2017)

In mancanza della funzione anche latamente alimentare dell'assegno divorzile, di recente Cass. civ. Sez. I, 30 agosto 2019, n. 21926 esclude l'incidenza della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle somme erogate a titolo di divorzio sulla decorrenza temporale della revoca dell'assegno di divorzio, per due ordini di ragioni: 1) “ deve rilevarsi in primo luogo che si tratta di condizioni impeditive dell'esercizio del diritto alla restituzione dell'indebito che operano in una fase separata, autonoma e successiva a quella relativa alla nascita ed alla decorrenza ex lege dell'efficacia della pronuncia di accertamento negativo del credito, il cui regime giuridico rimane del tutto inalterato” 2) “in secondo luogo, si tratta di condizioni impeditive che possono trovare applicazione soltanto se le obbligazioni abbiano per loro natura ed entità carattere sostanzialmente alimentare, non rilevando come criterio discretivo assoluto, la destinazione al consumo delle somme erogate, in quanto tale destinazione può essere frutto di una valutazione soggettiva e rivolgersi verso beni e servizi non legati, neanche in senso ampio, alla nozione di mantenimento personale”.

La sentenza in esame ricorda che “la giurisprudenza di legittimità, coerentemente con i principi enunciati, ha ritenuto l'operatività del tutto prevalente dei principi soprarichiamati in relazione all'assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti (Cass. 13609 del 2016; 25166 del 2017) in virtù della natura alimentare riconosciuta a tale obbligazione” mentre “per quanto riguarda l'assegno di divorzio, le indicate condizioni impeditive dell'esercizio del diritto alla ripetizione dell'indebito sono state ritenute applicabili limitatamente alle ipotesi in cui la contribuzione sia finalizzata a soddisfare "mere esigenze di carattere alimentare" derivanti dalla natura ed entità delle somme erogate (Cass. 13060 del 2002) precisandosi che "sono irripetibili (…) nei soli limiti in cui siano riconducibili a prestazioni che per la loro misura e condizioni economiche del percettore possono ritenersi dirette ad assicurare unicamente i mezzi economici necessari per far fronte ad esigenze di vita così da essere normalmente consumate per adempiere a tale destinazione" (Cass. 15164 del 2003; conforme la successiva n. 6864 del 2009 con riferimento espresso anche all'indicatore dell'importo modesto).

Gianfranco Dosi
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