I
Il concetto di “responsabilità genitoriale”
Il codice civile all’art. 2 prevede che fino alla maggiore età – fissata al compimento del diciottesimo anno (legge 8 marzo 1975, n. 39) – non si acquista la capacità di agire. Fino a tale età il figlio è soggetto a quella che in base a quanto prevedeva il codice civile all’art. 316 eravamo abituati a chiamare “potestà dei genitori” di cui il legislatore non ha mai fornito una specifica definizione ma nella cui nozione tuttavia, a partire quanto meno dalla riforma del 1975 del diritto di famiglia, si( sono sovrapposti sia il potere di rappresentanza (il cui limite temporale è quello del compimento della maggiore età da parte del figlio) sia un altro fascio di funzioni che supera quel limite cronologico. Con la riforma sulla filiazione (attuata con la legge 10 dicembre 2012, n. 219 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154) anche l’art. 316 del codice civile è stato modificato e l’espressione “potestà dei genitori” è scomparsa venendo sostituita con quella di “responsabilità genitoriale” che peraltro non contiene più il riferimento della durata fino alla maggiore età.
La riforma sulla filiazione ha avuto come obiettivo principale l’unificazione dello stato giuridico di tutti i figli (nuovo art. 315 c.c.) ma il legislatore ha colto anche l’occasione per numerosi altri interventi legislativi su istituti collegati alla filiazione e tra questi, appunto, l’introduzione di una rinnovata disciplina della potestà dei genitori ribattezzata con l’espressione “responsabilità genitoriale”.
Come si dirà più oltre il concetto di responsabilità genitoriale, nel contesto della riforma sulla filiazione, costituisce la presa d’atto di una sempre maggiore ampiezza che ha assunto nel tempo la nozione tradizionale di potestà, ma si accompagna anche a novità giuridiche molto significative che hanno completato in materia di esercizio delle funzioni genitoriali la riforma introdotta dalla legge 14 febbraio 2006, n. 154 sull’affidamento condiviso dei figli in sede di separazione dei genitori, costituendone l’inevitabile completamento nel campo dei principi generali.
L’art. 2 della legge, alla lettera h), aveva delegato il Governo ad unificare le disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori del matrimonio, “delineando la nozione di responsabilità genitoriale quale aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale”. Al legislatore delegato si chiedeva quindi di sintetizzare e disciplinare in modo più adeguato e moderno le regole che presiedono a quell’insieme di poteri e doveri che sono tradizionalmente collegati alle funzioni genitoriali.
Con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 il Governo ha dato attuazione alla delega sul punto attraverso due operazioni.
La prima operazione – di carattere nominalistico è stata quella di eliminare del tutto il termine “potestà” (che nel 1975 aveva soppiantato l’espressione “patria potestà”) sostituendolo con quello di “responsabilità genitoriale”. L’art. 104 del decreto legislativo di attuazione al primo comma prescrive che “la parola potestà riferita alla potestà genitoriale e le parole potestà genitoriale, ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dall’espressione: responsabilità genitoriale”. La differenza non è solo terminologica dal momento che la nozione di responsabilità appare più idonea a riferirsi giuridicamente ad un soggetto che non ha la posizione di sottoposto ad un potere (come il termine potestà lascerebbe intendere) ma di persona con pari dignità non solo oggetto di tutela ma soprattutto soggetto di diritti.
Questa operazione nominalistica non è, tuttavia, andata esente da qualche critica dal momento che la legge delega non intendeva verosimilmente imporre la sostituzione dei due termini ma aveva soltanto prescritto che venisse delineata una “nozione di responsabilità genitoriale quale aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale”. Il legislatore del 2012 pensava ad un affiancamento quindi dei due concetti e non alla loro unificazione. Il decreto di attuazione non sembra però che abbia voluto stravolgere la tradizionale funzione genitoriale determinata dalla sovrapposizione nelle funzioni genitoriali di poteri e di doveri e la nuova terminologia, perciò, non dovrebbe indurre a sospettare la scomparsa nella concezione delle funzioni genitoriali di quel fascio di poteri che il concetto di potestà richiamava. Resta l’impressione di una affrettata operazione chirurgica che potrebbe portare a qualche forzatura lessicale (decadenza della responsabilità genitoriale, procedimenti de responsabilitate e così via). Questa operazione di semplificazione operata dalla commissione che ha redatto il testo delle norme di attuazione imporrà in ogni caso alla cultura giuridica il compito di differenziare i due profili (poteri e doveri) all’interno della nuova espressione sintetica proposta dalle norme di attuazione.
Questa prima operazione ha portato, in ogni caso, alla sostituzione della parola “potestà” con l’espressione “responsabilità genitoriale” in tutta la normativa civile e penale vigente. Nella relazione illustrativa del D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 si afferma a proposito di questa sostituzione terminologica che essa si è resa necessaria in considerazione dell’evoluzione socio-culturale, prima che giuridica, dei rapporti tra genitori e figli e si osserva espressamente che la nozione di responsabilità genitoriale presente da tempo in numerosi strumenti internazionali (come per esempio il regolamento europeo n. 2201/2003) è “quella che meglio definisce i contenuti dell’impegno genitoriale non più da considerare come una potestà sul figlio minore, ma come una assunzione di responsabilità da parte dei genitori nei confronti del figlio. La modifica terminologica dà risalto alla diversa visione prospettica che nel corso degli anni si è sviluppata ed è ormai da considerare patrimonio condiviso: i rapporti tra genitori e figli non devono essere più considerati avendo riguardo al punto di vista dei genitori, ma occorre porre in risalto il superiore interesse dei figli minori”.
La seconda operazione è consistita nel dislocare le disposizioni concernenti le funzioni genitoriali in modo più razionale all’interno del titolo IX del primo libro (rinominato “Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio” in sostituzione del precedente “Della potestà dei genitori”) nel quale ora sono state significativamente ridistribuite in due differenti capi da un lato la disciplina “dei diritti e dei doveri del figlio” (I capo: articoli 315 – 337 c.c.) e dall’altro le norme sull’”esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”(capo II: articoli 337-bis – 337-octies). Questa operazione è senz’altro da considerare del tutto ragionevole e coerente avendo inserito il tema della responsabilità dei genitori nel contesto sistematico nel quale si tratta anche dei diritti e dei doveri figli in generale. La responsabilità dei genitori è, infatti, un concetto unitario che deve valere non solo quando i figli convivono con entrambi i genitori ma anche quando la separazione dei genitori impone una riorganizzazione delle relazioni familiari.
La giustificazione di questa ridistribuzione delle norme giuridiche è stata ben spiegata nella relazione illustrativa del D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 dove è stato chiarito che si è voluta superare una discriminazione sistematica a carico dei figli nati fuori dal matrimonio in quanto nell’impianto originario del codice la disciplina relativa ai rapporti tra genitori e figli era dislocata in diverse parti del codice, in parte nel titolo IX, ma soprattutto nel titolo VI dedicato al matrimonio, quasi a voler evidenziare una differenza tra i figli a seconda dell’essere nati o meno nel matrimonio. La discriminazione poi è molto evidente per quanto concerne la disciplina della dissoluzione del vincolo tra i genitori essendo le norme quasi tutte collocate nell’ambito della disciplina della separazione e del divorzio a differenza di quanto ha fatto la legge del 2006 sull’affidamento condiviso che ha unificato la disciplina. In questo senso la riforma sulla filiazione si pone nell’alveo di questo movimento di unificazione.