I
Introduzione
Dal 29 gennaio 2019 nei Paesi europei, tra cui l’Italia, che attuano una cooperazione rafforzata[1], hanno trovato piena applicazione due nuovi Regolamenti europei approvati nel 2016: il Regolamento n. 1103 del 24 giugno 2016 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e il Regolamento n, 1104 del 24 giugno 2016 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate. In entrambi i Regolamenti si esclude espressamente l’applicazione della nuove norme alle obbligazioni alimentari che discendono dal matrimonio o dall’unione registrata.
La principale novità della riforma attuata con questi due Regolamenti sta nel fatto che i coniugi e i partner di unioni registrate potranno d’ora in poi scegliere la legge da applicare ai loro rapporti patrimoniali con modalità più ampie di quelle finora consentite dalle leggi di diritto internazionale privato vigenti nei diversi Stati. Sarà, quindi, la legge che essi hanno scelto a trovare applicazione nella loro vita matrimoniale o nella loro convivenza.
Le nuove norme saranno applicabili ai coniugi che hanno contratto matrimonio o che hanno designato la legge applicabile al loro regime patrimoniale successivamente al 29 gennaio 2019, ed ai partner che hanno registrato la loro unione o che hanno designato la legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione successivamente al 29 gennaio 2019.
Il Regolamento n. 1103 si occupa del regime patrimoniale tra coniugi e determina, appunto, in seguito alla scelta da parte dei coniugi la legge applicabile ai loro rapporti economici. Il Regolamento si occupa anche di indicare le norme che disciplinano il riconoscimento in ambito europeo delle decisioni sui rapporti patrimoniali tra coniugi adottate nei singoli Stati.
Per comprendere soprattutto le novità in materia di applicabilità della legge scelta dai coniugi, è noto che - per quanto attiene alla nostra normativa interna - riferendosi ai rapporti patrimoniali nei cosiddetti matrimoni misti (i cui coniugi hanno diversa cittadinanza), l’art.30 della legge 31 maggio 1995, n. 218, prescrive che tali rapporti patrimoniali sono regolati (analogamente ai rapporti personali) dalla legge dello Stato “nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata” lasciando però liberi i coniugi (di diversa cittadinanza) di “convenire per iscritto” che i loro rapporti patrimoniali siano regolati “dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede”.
Ebbene il Regolamento n. 1103 adotta a livello europeo questa soluzione - estendendola anche ai coniugi che hanno la medesima cittadinanza ma residenza di entrambi o di uno di essi in Stato anche extraeuropeo diverso da quello di cittadinanza (matrimoni cosiddetti internazionali) - prevedendo all’art. 22 (scelta della legge applicabile) che i coniugi possono designare o cambiare di comune accordo (con atto redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi) la legge applicabile al loro regime patrimoniale a condizione che tale legge (anche di uno Stato extraeuropeo) sia la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi, o di uno di essi, al momento della conclusione dell'accordo o la legge di uno Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell'accordo.
In mancanza di un accordo sulla scelta della legge, la legge applicabile al regime patrimoniale tra coniugi è la legge dello Stato della prima residenza abituale comune dei coniugi dopo aver contratto matrimonio (con superamento quindi per noi del criterio di prevalente localizzazione) o, in mancanza, della cittadinanza comune dei coniugi al momento in cui hanno contratto matrimonio.
La legge applicabile al regime patrimoniale tra i coniugi può essere fatta valere da un coniuge anche contro un terzo sempre che il terzo fosse a conoscenza di tale legge, o fosse tenuto ad esserne a conoscenza esercitando la dovuta diligenza (presumendosi, peraltro, che il terzo sia a conoscenza della legge applicabile al regime patrimoniale tra coniugi, se uno dei coniugi ha adempiuto agli obblighi prescritti in materia di pubblicità del regime patrimoniale).
Per quanto concerne, invece, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni adottate nel settore del regime patrimoniale coniugale non vi sono sostanziali divergenze rispetto a quanto stabilito nei regolamenti europei ormai in quasi tutti i settori. In particolare le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, fatto salvo il diritto di ogni parte interessata di richiedere, in caso di contestazioni, il riconoscimento in via principale o in via incidentale di una decisione.
Il Regolamento n. 1103 trova ovviamente applicazione anche per le unioni civili disciplinate dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 in base all’equiparazione prevista nel comma 20 dell’art. 1 di tale legge.
Il Regolamento n. 1104 si occupa degli effetti patrimoniali delle unioni registrate, cioè praticamente di tutto quanto attiene alla gestione quotidiana dei beni dei partner e alla liquidazione del regime patrimoniale, in particolare in seguito a separazione personale o morte di un partner. Il Regolamento applica i medesimi principi previsti per il regime patrimoniale delle coppie coniugate (“I partner o futuri partner possono designare o modificare di comune accordo la legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione registrata…”) a condizione che si tratti di “unioni registrate”. Si applica quindi ai partner per i quali la legge dello Stato di appartenenza prevede la registrazione obbligatoria dell’unione di fatto. La scelta del Regolamento di prevedere l’applicazione per le sole unioni registrate è motivata nel considerando n. 16 dove si legge che “il modo in cui il diritto nazionale concepisce le forme di unione diverse dal matrimonio varia da uno Stato membro all'altro ed è opportuno operare una distinzione tra coppie la cui unione è istituzionalmente formalizzata mediante registrazione davanti a un'autorità pubblica e coppie che vivono in unione di fatto. Sebbene siano legalmente riconosciute da alcuni Stati membri, le unioni di fatto dovrebbero essere dissociate dalle unioni registrate, il cui carattere formale permette di tenere conto della loro specificità e di definire norme ad esse applicabili in uno strumento dell'Unione”.
Sembra così risolto negativamente il problema se questo Regolamento possa trovare applicazione anche per le convivenze di fatto disciplinate in Italia dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 che, come è noto, non prevede alcuna previa registrazione obbligatoria ai fini dell’applicabilità della disciplina legislativa alle coppie di fatto. Si deve ricordare infatti che in questo il sistema italiano si differenzia notevolmente da quanto previsto nella maggior parte degli Stati europei (dove si prevede il matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso e l’unione in genere “registrata” per le convivenze more uxorio).
Escludere le convivenze di fatto “italiane” dal campo di applicazione della normativa europea, per il solo fatto che il nostro legislatore ha dato esclusiva rilevanza alla stabile convivenza “di fatto” anziché alla sua registrazione, potrebbe sembrare una soluzione inaccettabile perché priva i conviventi more uxorio che hanno regolamentato i loro rapporti attraverso la stipula di un contratto di convivenza (art. 1 comma 50 e seguenti della legge 76/2016) di un diritto di scelta di un regime diverso da quello loro applicabile. E d’altro lato ai fini dell’opponibilità ai terzi la legge italiana prescrive al comma 51 l’obbligo di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza e quindi, implicitamente, l’obbligo per i conviventi di registrare in qualche modo la loro convivenza, sia pure ai soli fini della operatività e opponibilità del contratto di convivenza. Se ne potrebbe, perciò, dedurre che anche i conviventi more uxorio che hanno registrato la loro convivenza all’anagrafe (nella scheda di famiglia) potrebbero optare per la scelta di un regime diverso utilizzando il meccanismo previsto dal Regolamento n. 1104.
Ad essere però rigorosi l’applicazione alle convivenze di fatto italiane dovrebbe rimanere esclusa dal campo di applicazione del Regolamento n. 1104 che ha scelto il criterio formale della previsione della registrazione obbligatoria dell’unione di fatto come criterio di selezione delle convivenze a cui applicare le proprie norme.
Per quanto concerne il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni adottate nel settore degli effetti patrimoniali nelle unioni di fatto registrate non vi sono sostanziali divergenze rispetto a quanto stabilito nei regolamenti europei ormai in quasi tutti i settori. In particolare le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, fatto salvo il diritto di ogni parte interessata di richiedere, in caso di contestazioni, il riconoscimento in via principale o in via incidentale di una decisione.
[1] Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Cipro, Croazia,Finlandia,Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia.