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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
PRESUNZIONE DI PATERNITA'

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Che succede in caso di nascita oltre il lasso di tempo nel quale opera la presunzione di paternità del marito?

Il nuovo articolo 231 del codice civile (nel testo riformulato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 di riforma della filiazione e dal decreto legislativo di attuazione) stabilisce la presunzione di paternità del marito allorché il figlio è concepito o nasce durante il matrimonio. Mentre per la nascita non vi sono problemi di individuazione del periodo di presunzione di paternità, essendo il termine iniziale quello della celebrazione del matrimonio e il termine finale quello del suo scioglimento (per esempio per morte del marito), la presunzione di concepimento si verifica allorché il figlio nasce quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dallo scioglimento del matrimonio: quindi un periodo lungo – più della durata media della gravidanza – del tutto compatibile con la presunzione di avvenuto concepimento in corso di convivenza dei coniugi. Pertanto, se il figlio nasce nei trecento giorni successivi alla morte del marito, si presume che il marito deceduto ne sia il padre.

Il previgente articolo 231 prevedeva la presunzione solo per il caso di concepimento durante il matrimonio (che allora, però, era stabilita in caso di nascita del figlio nel più ristretto periodo dal centoottantesimo giorno dopo la celebrazione del matrimonio al trecentesimo giorno successivo al suo scioglimento). L’attuale disposizione nulla prevede per il periodo dalla celebrazione del matrimonio al centottantesimo giorno successivo. Quindi se il figlio dovesse nascere entro i primi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio, l’eventuale concepimento fuori dal matrimonio può essere fatto valere, come in tutte le altre ipotesi di non corrispondenza della verità biologica con il dato matrimoniale, con l’azione di disconoscimento della paternità.

La morte del marito non è, naturalmente, l’unico caso di scioglimento del matrimonio. Ugualmente lo scioglimento del matrimonio avviene nelle ipotesi di annullamento o in caso di divorzio – quest’ultimo più frequente – ma bisogna considerare che quasi sempre il divorzio in Italia è preceduto dalla separazione. Si capisce così come mai l’articolo 231 precisa che la presunzione di paternità del marito sul figlio concepito o nato durante il matrimonio non opera decorsi trecento giorni dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente per la separazione. I coniugi che intendono separarsi compaiono davanti al Presidente del Tribunale per la prima delle udienze della causa di separazione; in tale prima udienza vengono autorizzati a vivere separati. Pur vivendo separati continuano, però, a rimanere formalmente “coniugi” (fino al divorzio) con la conseguenza che, in caso di nascita di un figlio prima della sentenza di divorzio, scatterebbe la presunzione di paternità. Per questo la legge prevede, come detto, che la presunzione non operi più dopo 300 giorni dalla data della comparizione davanti al Presidente, potendosi ragionevolmente presumere che una nascita avvenuta dopo tale lasso di tempo non possa essere collegata al rapporto tra i due “coniugi”.

Che succede se un figlio nasce oltre i trecento giorni dalla morte del marito o – caso assai più frequente - oltre trecento giorni dalla prima udienza di separazione? Non scatta la presunzione di paternità ma “ciascuno dei coniugi o i loro eredi” possono provare che si tratta di un figlio nato dal rapporto tra i due “coniugi”. E questo anche se nel frattempo il figlio sia stato riconosciuto come proprio figlio (nato fuori del matrimonio) dalla madre che lo ha partorito ovvero anche dal padre biologico.

Anche il figlio ha titolo per provare di essere stato concepito durante il matrimonio. Il nuovo articolo 234 del codice civile (nel testo riformato dalla legge 219/2012 e dal decreto di attuazione) prevede che “in ogni caso il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio”. La prova può essere data indicando “una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare la relazione di filiazione” (cosiddetto “possesso di stato”) (articolo 237 codice civile) e comunque “con ogni mezzo” (articolo 241 codice civile), ivi compresa la prova genetica.

L’azione in questione – introdotta come azione generale di reclamo dello stato di figlio dalla legge 219/2012 - è imprescrittibile. Può essere promossa dal figlio chiamando in giudizio entrambi i genitori o, in loro mancanza, i loro eredi. In mancanza di eredi la domanda va proposta nei confronti di un curatore speciale nominato dal tribunale davanti al quale la causa è proposta. L’azione può anche essere promossa dai discendenti dell’interessato ove questi muoia durante la minore età o nei cinque anni successivi al compimento della maggiore età. Il figlio minore che ha compiuto i 14 anni può richiedere per l’esercizio dell’azione che gli venga nominato un curatore speciale; se è di età inferiore l’iniziativa per la nomina del curatore speciale può essere assunta dal Pubblico Ministero il quale ugualmente potrà attivarsi in caso di interdizione o di grave infermità di mente del figlio minore.

Gianfranco Dosi
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Lessico di diritto di famiglia