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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO E DELLA PENSIONE

I

In quali norme, fino al decreto legge 27 giugno 2015, n. 83, era unicamente contenuta la disciplina relativa al pignoramento degli stipendi e delle pensioni?

Come meglio si vedrà più oltre, il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 – dando attuazione a principi più volte richiamati dalla corte costituzionale (da ultimo Corte cost. 15 maggio 2015, n. 85) - ha introdotto un limite generale di impignorabilità che per le pensioni è pari all’ammontare corrispondente all’assegno sociale aumentato fino alla metà e che per ogni emolumento che sia accreditato in banca (stipendio o pensione) può raggiungere il triplo dell’assegno sociale.

Prima di tale riforma la disciplina del pignoramento degli stipendi e delle pensioni, era contenuta unicamente nell’art. 545 c.p.c. (che originariamente si occupava solo degli stipendi nel settore privato, facendo salva la legislazione speciale relativa agli stipendi e alle pensioni dei pubblici dipendenti) e nel DPR 5 gennaio 1950, n. 180 (Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni) che conteneva larghi privilegi di impignorabilità nel settore pubblico.

La disciplina del DPR 180/1950 – come meglio si vedrà in prosieguo - è oggi riferibile in modo omogeneo sia agli stipendi che alle pensioni, nel settore privato e in quello pubblico, ed è integrata dal contenuto dell’art. 545 del codice di procedura civile. Il quadro giuridico di riferimento è un po’ complesso ma può essere pazientemente decifrato senza grandi difficoltà.

Intanto vi è da premettere che il motivo delle limitazioni previste per la pignorabilità delle somme erogate ai lavoratori e ai pensionati è piuttosto evidente. Gli stipendi, i salari e gli altri corrispettivi di lavoro e i corrispettivi pensionistici costituiscono crediti sensibili del lavoratore e del pensionato e per essi quindi l’art. 545 del codice di procedura civile e l’art. 2 del DPR 5 gennaio 1950, n. 180 hanno storicamente previsto limitazioni alla pignorabilità a garanzia del sostentamento dell’interessato e della sua famiglia (articoli 36 e 38 della costituzione). Queste limitazioni hanno natura eccezionale rispetto alla regola della responsabilità patrimoniale contenuta nel fondamentale articolo 2740 del codice civile che non ammette se non deroghe legali al principio che il debitore (in questo caso il lavoratore o il pensionato) risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni.

Le due normative (art. 545 c.p.c originariamente solo per stipendi e salari nel settore privato e art. 2 del DPR 180/1950 originariamente per stipendi e pensioni nel solo settore pubblico) si sono storicamente sovrapposte creando non pochi problemi che nel tempo sono stati affrontati e risolti soprattutto dalla giurisprudenza costituzionale.

L’articolo 545 del codice di procedura civile – nel testo che la riforma operata con il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 ha comunque mantenuto per le misure eccedenti il minimo impignorabile - prevede la pignorabilità a) dei crediti alimentari e degli stipendi, dei salari ed altri emolumenti solo per crediti di natura alimentare nella misura autorizzata dal giudice (primo e terzo comma); b) la pignorabilità degli stipendi per crediti tributari e per “ogni altro credito” nella misura solo di un quinto (quarto comma); c) in caso di concorso delle cause suddette la pignorabilità fino ad una misura non superiore alla metà (quinto comma). In taluni casi - che possono essere considerati particolarmente sensibili (indicati nel secondo comma dell’art. 545) - l’impignorabilità è assoluta (sussidi di sostentamento, indennità di maternità, indennità per malattia, sussidi di beneficenza e di assistenza).

Invece, i limiti di pignorabilità di qualsiasi emolumento (stipendio o pensione) – fino al 2005 per il solo settore pubblico) - secondo l’originaria formulazione del primo comma dell’art. 2 del DPR 180/1950, sono i seguenti:

1) fino alla concorrenza di un terzo, valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti dalla legge;

2) fino alla concorrenza di un quinto, valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato o verso gli altri enti, aziende e imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d’impiego o di lavoro;

3) fino alla concorrenza di un quinto, valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti carico fin dalla loro origine, all’impiegato o salariato.

Il secondo comma dell’art. 2 prevede che “il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2 e 3 non possono colpire una quota maggiore del quinto sopra indicato e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni del titolo V nel caso di concorso anche per cessioni e delegazioni”.

Come si vede, quindi, secondo questa formulazione originaria del DPR 180/1950 tutti i dipendenti pubblici avrebbero dovuto beneficiare di un trattamento privilegiato di esclusione del pignoramento salvo per i crediti cosiddetti qualificati sopra richiamati (cause di alimenti, debiti verso l’amministrazione pubblica derivanti dal rapporto d’impiego, debiti tributari) a differenza di quanto avviene nel settore del lavoro privato i cui emolumenti sono pignorabili anche “per ogni altro credito” sia pure nei limiti di 1/5 indicato nell’articolo 545 del codice procedura civile.

Anche la Corte costituzionale non aveva mai dubitato della legittimità di questa disparità di trattamento, finché nel 1987 una decisione storica dichiarò l’illegittimità dell’articolo 2 del DPR 5 gennaio 1950, n. 180 per contrasto con l’articolo 545 del codice di procedura civile (Corte cost. 31 marzo 1987, n. 89 riferita ai dipendenti di enti pubblici economici), affermando la necessità di omologare il trattamento retributivo dei dipendenti pubblici e di quelli privati. Molte altre decisioni seguirono dello stesso tenore (Corte cost. 26 luglio 1988, n. 878 per le retribuzioni corrisposte dallo Stato; Corte cost. 9 marzo 1990, n. 115 per la pignorabilità dell’indennità integrativa speciale; Corte cost. 19 marzo 1993, n. 99 per l’indennità di fine rapporto dei dipendenti pubblici; Corte cost. 15 marzo 1996, n. 72 per le retribuzioni del personale di volo delle compagnie di navigazione aerea).

Fino a tutto il 2005 il settore privato e quello pubblico – nonostante questi interventi della Corte costituzionale di omologazione delle discipline – rimanevano comunque legislativamente differenziati.

È stata la legge finanziaria del 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) con l’art. 1, comma 137, ad estendere espressamente il campo d’azione del DPR 5 gennaio 1950, n. 180 – come interpretato dalla Corte costituzionale - anche alle “aziende private” omologando, quindi, anche da un punto di vista normativo le due discipline.

L’avvenuta omologazione tra settore pubblico e settore privato è considerata una situazione assolutamente pacifica dalla giurisprudenza (Cass. civ. Sez. III, 18 gennaio 2012, n. 685).

Pertanto dal 2005 qualunque forma di compenso lavorativo (stipendio, salario, pensione, indennità), erogato nel settore pubblico o privato è soggetta alla disciplina dei limiti di pignorabilità previsti nell’art. 2 del DPR 180 del 1950 (“Eccezioni alla insequestrabilità e all’impignorabilità”) come interpretato dalla Corte costituzionale e quindi con l’integrazione della disciplina prevista nell’art. 545 cod. proc. civ. nella parte in cui consente il pignoramento fino a 1/5 “per ogni altro credito”.

Pertanto il quadro di riferimento (fatte salve le modifiche del 2012 che hanno interessato la disciplina della pignorabilità degli stipendi da parte delle pubbliche amministrazioni, di cui tra breve si parlerà) è il seguente:

limite di pignorabilità di stipendi privati e pubblici e pensioni

1) per crediti alimentari (tutela rafforzata): 1/3

2) per crediti derivanti dal rapporto di impiego: 1/5

3) per crediti di natura tributaria (erariali): 1/5

4) per ogni altro credito: 1/5

5) concorso di più cause: non oltre 1/5 o (in presenza di debiti alimentari) non oltre la metà

Gianfranco Dosi
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