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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO - Aggiornamento a cura dell'avv. Maria Silvia Zampetti . Maggio 2021

I

Il quadro normativo

Oggetto dei procedimenti di separazione e di divorzio sono vicende familiari in continua evoluzione. Pertanto è evidente che questi procedimenti devono essere governati non solo dal principio di intrinseca giustizia dei provvedimenti (a presidio del quale dovrebbe essere assicurata sempre la loro impugnazione), ma anche dal principio di necessaria modificabilità di tutte le decisioni, affinché i provvedimenti possano adattarsi, su istanza di parte, al variare delle circostanze che ne costituiscono il presupposto di fatto.

Le regole del processo sono chiamate, quindi, a garantire nell’ambito del diritto di famiglia sia la possibilità di impugnazione dei provvedimenti che l’attuazione del principio di modificabilità (in ragione, perciò, della validità rebus sic stantibus, in questo ambito, di tutte le decisioni). Tuttavia su entrambi i fronti (impugnazione e modificazione) non sempre il sistema si presenta lineare tanto che su molti problemi, sono più gli interrogativi che le risposte certe. Per esempio non tutti i provvedimenti sono considerati dalla giurisprudenza impugnabili e non tutte le decisioni sono sempre processualmente modificabili.

Ci si sofferma in questa sede sulla modificabilità dei provvedimenti, tenendo presente che l’espressione “modifica delle condizioni” di separazione di divorzio fa soprattutto riferimento ai procedimenti rispettivamente ex art. 710 c.p.c. ed ex art. 9 della legge sul divorzio, successivi al giudicato di separazione e di divorzio, ma che in questa sede è utilizzata anche con riferimento alle modifiche dei provvedimenti in corso di causa.

Possono essere modificati sia i provvedimenti che concernono i rapporti tra coniugi che quelli che riguardano l’affidamento e il mantenimento dei figli.

a) Le decisioni che riguardano i coniugi

Separazione

Per quanto concerne la separazione, il principio sostanziale di modificabilità è espresso, per i rapporti tra i coniugi nell’art. 156 del codice civile (Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi) il cui ultimo comma prevede che “qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti”. Si tratta di un principio di diritto sostanziale e processuale, che può considerarsi espressione di un più generale principio di necessaria corrispondenza tra l’assetto economico stabilito dal giudice o concordato dalle parti e l’evoluzione dei presupposti su cui si fondava.

In sede processuale le modifiche sono possibili sia in corso di causa che dopo il giudicato.

In corso di causa il principio di modificabilità dei provvedimenti disposti con l’ordinanza presidenziale è indicato nell’ultimo comma dell’art. 709 c.p.c. nel quale si prevede che “i provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore”. In questo testo della norma, che si deve ad una riforma del 2005, è stato cancellato l’inciso che compariva nel previgente quarto comma dell’art. 708 dove la revoca o la modifica venivano ammesse “se si verificano mutamenti nelle circostanze” con la conseguenza che la modificabilità in corso di causa non è condizionata in linea di principio da mutamenti nelle circostanze.

Non solo i provvedimenti adottati dal presidente, ma anche quelli del giudice istruttore possono essere sempre modificati in corso di causa, in attuazione del potere generale di modificazione delle ordinanze da parte del giudice che le ha pronunciate, previsto nell’art. 177 c.p.c.

La modifica può essere naturalmente chiesta in corso di causa a prescindere dal grado di giudizio (pertanto in tribunale o in corte d’appello) ma non davanti alla Corte di cassazione. Si tornerà su questo aspetto.

Per modifiche della situazione di fatto che intervengono dopo il giudicato il codice di procedura civile nell’ambito delle disposizioni processuali sulla separazione prevede all’art. 710 che “le parti possono sempre chiedere con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole, conseguenti la separazione” e la disposizione trova applicazione sia per i provvedimenti disposti dal giudice nel processo che per quelli concordati in sede di separazione consensuale (art. 711 ultimo comma che rinvia all’art. 710).

È opportuno ricordare che originariamente l’art. 710 del codice di procedura civile prevedeva il rito ordinario a cognizione piena. Questo rito venne sostituito dal rito camerale con la legge 29 luglio 1988, n. 331.

Divorzio

La legge sul divorzio non ha una disposizione specifica di carattere sostanziale sulla modificabilità dei provvedimenti concernenti i coniugi, analoga a quella contenuta nell’art. 156 c.c. per la separazione.

Il diritto di richiedere in corso di causa modificazioni è previsto in ambito processuale nell’art. 4, comma 8, seconda parte della legge 898/1970 dove si legge che “L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell’art. 177 del codice di procedura civile”. Quindi, anche in questo caso, “sempre” e non solo, in linea di principio, se si verificano mutamenti nelle circostanze.

Per le modifiche successive al giudicato dispone, invece, l’art. 9, primo comma, della legge sul divorzio, dove si prevede che “Qualora sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6”.

È opportuno ricordare che ai sensi dell’art. 5, comma 8, della legge sul divorzio, ove tra ex coniugi sia stata concordata in sede divorzile la corresponsione di un assegno in unica soluzione, non sarà possibile per quanto attiene ai loro reciproci rapporti patrimoniali (non quindi per quanto concerne i figli) nessuna procedura di revisione delle condizioni economiche.

b) Le decisioni che riguardano i figli

Per le questioni connesse alla responsabilità genitoriale, il principio di modificabilità è espresso nell’art. 337-quinquies (come introdotto dal D. Lgs 28 dicembre 2013, n. 154) intitolato “Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli” il quale afferma che “i genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo”. Quest’ultima disposizione trova applicazione anche per il divorzio (art 6 della legge 898/1070 come da ultimo modificato dall’art. 98 del D. Lgs 28 dicembre 2013, n. 154[1]).

La riforma in tema di affidamento condiviso dei figli nati nel matrimonio o fuori dal matrimonio (legge 8 febbraio 2006, n. 54) ha ulteriormente arricchito il tema delle modifiche delle condizioni stabilite o pattuite tra i genitori in occasione della crisi di coppia, introducendo nel codice di procedura civile l’art. 709-ter che attribuisce un potere di attuazione, di intervento e, appunto, anche di modifica, al giudice della causa in corso (“Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale e della modalità di affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’art. 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore”).


[1] Il testo attuale del secondo comma dell’art. 6 della legge sul divorzio prevede che “ Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo del codice civile”. Si applicano perciò a tutti i figli le ormai uniformi disposizioni previste in tema di separazione.

Gianfranco Dosi
Lessico di diritto di famiglia