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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

I

La disciplina dell’immigrazione (extracomunitaria)

a) L’immigrazione come problema europeo

Benché la nozione di “straniero” comprenda genericamente tutti coloro che non sono “cittadini dello Stato”, le politiche e la disciplina giuridica dell’immigrazione, dell’accoglienza, del trattamento e della protezione degli stranieri – oltre che del contrasto alla immigrazione illegale e alla tratta degli esseri umani - riguardano in concreto i soli stranieri “extracomunitari” cioè gli stranieri che non sono cittadini di Stati europei.

La disciplina giuridica dell’immigrazione ha per l’ordinamento italiano precisi vincoli derivanti dai trattati europei che da un lato garantiscono la libera circolazione in Europa dei cittadini di Stati europei (e quindi l’abolizione delle frontiere interne) ma dall’altro prevedono anche norme di controllo delle frontiere esterne per regolamentare l’immigrazione negli Stati Europei dei cittadini di paesi terzi[1].

In questo quadro di riferimento l’immigrazione è un problema, perciò, sostanzialmente europeo.

L’Italia fa parte dell’Unione europea e per questo motivo soggiace alla normativa europea.

I vincoli europei sono contenuti e precisati nei Regolamenti, direttamente applicabili negli Stati membri, e in Direttive che vengono recepite nel nostro ordinamento per il tramite di quelle che in Italia chiamiamo le “leggi comunitarie”, cioè leggi che ogni anno delegano il Governo a dare attuazione a pacchetti di direttive europee attraverso l’emanazione di decreti delegati.

b) Il controllo dell’immigrazione e l’integrazione

Le prime leggi che in Italia disciplinarono l’immigrazione furono la legge 30 dicembre 1986, n. 943 (attinente soprattutto al lavoro) e la legge 28 febbraio 1990, n. 39 (cosiddetta legge Martelli, che disciplinava lo status di rifugiato e regolamentava l’ingresso degli stranieri extracomunitari). Fu un primo passo significativo verso un cambio di prospettiva dal momento che la normativa in genere sugli stranieri fino a quel momento era sostanzialmente contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

La prima legge organica sull’immigrazione fu, però, la legge 6 marzo 1998, n. 40 (cosiddetta legge Turco/Napolitano) che si proponeva di disciplinare per la prima volta in modo complessivo la normativa sugli stranieri (extracomunitari). Si trattò di un passo avanti di grande importanza.

In ottemperanza, poi, alla delega contenuta nell'art. 47, comma 1, di questa legge il Governo approvava anche, subito dopo, il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nel quale inseriva le nuove norme accorpandovi tutte le altre fino a quel momento emanate sull’immigrazione extracomunitaria.

Modifiche sostanziali e importanti vennero inserite successivamente nel Testo unico anche dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta legge Bossi-Fini) e in seguito da molti altri interventi normativi.

Il sistema organico che oggi regolamenta in Italia l’immigrazione si fonda quindi su questo insieme di norme, applicabili “ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi” [2] che prevedono anche alcuni principi guida fondamentali tra cui quello secondo cui “Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti” e l’altro in base al quale “Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano…”.

Il Testo unico è composto di sei titoli.

Titolo I - Principi generali (Artt. 1-3)

Titolo II - Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato (Artt. 4-20)

Titolo III- Disciplina del lavoro (Artt. 21-27-ter)

Titolo IV - Diritto all'unità familiare e tutela dei minori (Artt. 28-33)

Titolo V - Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale (Artt. 34-46)

Titolo VI - Norme finali (Artt. 47-49)


Si capisce che il taglio della normativa è soprattutto diretto alla regolamentazione dell’ingresso, del soggiorno e dell’espulsione, ma anche alla tutela (come dimostrano le norme sul ricongiungimento familiare e sulla tutela dei minori) e alla integrazione (come previsto nell’ultima parte del Testo unico).

c) La “protezione internazionale”

Anche le norme sulla protezione sono state da sempre presenti nel sistema giuridico internazionale, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, tanto che l'Organizzazione delle Nazioni Unite istituì appositamente un organismo chiamato a tutelare i rifugiati, l'Alto Commissariato per i Rifugiati, fondato alla fine del 1950. Di poco successiva è la prima definizione organica del concetto giuridico di rifugiato, contenuta nella Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio 1951[3].

Moltissimi da allora – fin dal 1989[4] - sono stati gli interventi legislativi che in ambito europeo e nazionale hanno regolamentato il sistema della protezione che nell’ultimo decennio ha avuto una crescente europeizzazione sia sul fronte del controllo delle frontiere esterne e del soggiorno nello Stato che in quello dell’accoglienza di chi, proveniente da paesi terzi, chiede in Italia protezione.

Con l’espressione “protezione internazionale” si fa, appunto, riferimento all’insieme delle norme tese a garantire protezione per diversi motivi e con diverse modalità agli stranieri che varcano i confini esterni per entrare in Europa in cerca, appunto, di protezione. All’interno di questa espressione unitaria si identificano però situazioni diverse elencate e disciplinate nei testi normativi specifici oggi vigenti – che hanno anche in parte abrogato o modificato i testi precedenti - che sono:

- Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta) e successive modifiche[5]. Si tratta della normativa sostanziale (cosiddetta delle qualifiche) che identifica le situazioni tutelate.

- Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n.25 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dellostatusdi rifugiato) e successive modifiche[6] che prevede un unico procedimento di “protezione internazionale” per tutte le situazioni tutelate [7]. Si tratta sostanzialmente della normativa procedurale.

- Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale).

- Legge 7 aprile 2017, n. 47 (Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati)

Sulla base di questi testi di legge il concetto di protezione internazionale abbraccia queste quattro diverse situazioni:

a) Status di rifugiato: è qualificato “rifugiato” lo straniero che, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno);

b) Status di protezione sussidiaria: si trova in questa condizione lo straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese;

c) Condizione di richiedente: è tale lo straniero che ha presentato la domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva (questa condizione è disciplinata nel Decreto Legislativo 18 agosto 2015 n. 142)

d) Minore non accompagnato: è tale lo straniero di età inferiore agli anni diciotto che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e di rappresentanza legale (è questa la condizione alla quale fanno riferimento molti testi di legge alla quale ha apportato significative modificazioni ultimamente la Legge 7 aprile 2017, n. 47).


[1] L’art. 77 (sul controllo delle frontiere) del Trattato sull’unione europea del 7 febbraio 1992 prevede che le politiche dell’immigrazione devono avere i seguenti fini: a) garantire l’assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne; b) garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell’attraversamento delle frontiere esterne; c) instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne. L’art. 78 (che si occupa della protezione internazionale) sottolinea la necessità di una politica comune in materia di protezione internazionale e di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea. L’art. 79 prevede lo sviluppo di una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare la gestione dei flussi migratori, il trattamento dei cittadini di paesi terzi e il contrasto dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani.

[2] Articolo 1 (Àmbito di applicazione).

1. Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.

[3] Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970, n. 95. Cap. 1, art. 1 (Definizione del termine di 'rifugiato) “Colui che, (...) temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

[4] Decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e dal relativo regolamento di attuazione, adottato con decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303 diretta ad ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria.

[5] Modificato dalla Legge 6 agosto 2013, n. 97

Modificato ai sensi del Decreto legislativo n. 18 del 21 febbraio 2014

[6] Modificato ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 3 ottobre 2008

Modificato ai sensi della Legge 15 luglio 2009, n. 94

Modificato ai sensi del Decreto Legislativo n. 150 del 1 settembre 2011

Modificato ai sensi della Legge 6 agosto 2013, n. 97

Modificato ai sensi del decreto Legge 22 agosto 2014, n. 119

Modificato ai sensi del Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142

Modificato ai sensi del decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13

[7] Art. 2. Definizioni… b) «domanda di protezione internazionale o domanda di asilo o domanda»: la domanda presentata secondo le procedure previste dal presente decreto, diretta ad ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria;

Gianfranco Dosi
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