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Qual è la decorrenza dell’assegno di mantenimento in sede di separazione? - (Aggiornamento: Cass. civ. Sez. III, 21 agosto 2013, n. 19309)
In base a quanto prevede l’art. 156 del codice civile il giudice che pronuncia la separazione può stabilire a carico di un coniuge l’obbligo di corrispondere all’altro coniuge un assegno periodico a titolo di mantenimento. La norma nulla dice, però, sulla decorrenza di tale assegno.
Pertanto la giurisprudenza si è trovata a doversi interrogare su come risolvere il problema della decorrenza dell’obbligazione di mantenimento in assenza di una chiara indicazione normativa.
Il problema si pone per l’assegno stabilito nella sentenza e non per quello indicato nei provvedimenti provvisori e urgenti in sede presidenziale essendo connaturata alla natura sommaria della fase presidenziale soltanto una condanna a far data dalla decisione.
Ciò premesso, la tesi che è prevalsa è quella che attribuisce all’assegno di separazione una natura in senso lato alimentare e che quindi fa applicazione della regola, dettata in materia di alimenti dall’art. 445 del codice civile, secondo cui “gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda”.
Inizialmente la giurisprudenza di legittimità aveva, però, espresso posizioni differenziate.
In particolare la maggior parte delle decisioni (Cass. civ. Sez. I, 31 marzo 1973, n. 1021; Cass. civ. Sez. I, 9 agosto 1985, n. 4411; Cass. civ. Sez. I, 15 maggio 1986 n. 3202; Cass. civ. Sez. I, 20 maggio 1993 n. 5749 e Cass. civ. Sez. I, 22 aprile 1999, n. 4011) aveva optato decisamente per la decorrenza dell’assegno dalla domanda giudiziale espressamente rifacendosi, appunto, al principio generale stabilito per gli alimenti dall’art. 445 del codice civile. Altre sentenze avevano precisato che l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, fissato in sede di separazione, decorre dalla data della domanda solo “se in tale momento esistevano le condizioni per l’emanazione del relativo provvedimento” (Cass. civ. Sez. I, 20 agosto 1997, n. 7770) nel senso che, ove le risultanze istruttorie avessero indicato un diverso e successivo momento di insorgenza della condizione di inadeguatezza patrimoniale dell’un coniuge o della capacità economica dell’altro, il giudice avrebbe dovuto senz’altro fissare la decorrenza dell’assegno di mantenimento con riguardo a tale momento (Cass. civ. Sez. I, 20 maggio 1993 n. 5749).
Viceversa Cass. civ. Sez. III, 19 luglio 1996, n. 6519 aveva escluso l’applicazione della normativa sugli alimenti ammettendo la compensazione tra oneri condominiali e assegno di mantenimento, in palese contrasto con il principio di non compensabilità dei crediti alimentari (art. 447, co. 2 c.c.).
L’acquisizione di una interpretazione unitaria si deve, sia pure indirettamente, a Corte cost. 21 gennaio 2000, n. 17 che ritenne non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 2751 n. 4 c.c. nella parte in cui, secondo il giudice che aveva sollevato la questione, attribuirebbe natura privilegiata al solo credito alimentare (cui espressamente la norma si riferisce) ma non a quello di separazione. La Corte ritenne, invece, che “si deve prescindere da considerazioni puramente nominalistiche, per guardare al profilo funzionale” e in questa prospettiva il credito alimentare e quello di mantenimento – pur strutturalmente diversi - assolvono ad una funzione omogenea in senso lato alimentare.
Pertanto al credito di mantenimento vanno riconosciute le stesse caratteristiche giuridiche di quello alimentare e perciò trova applicazione ai crediti di mantenimento l’art. 445 c.c. sulla decorrenza del credito dalla domanda giudiziale (Cass. civ. Sez. I, 11 aprile 2000, n. 4558; Cass. civ. Sez. I, 22 ottobre 2002, n. 14886) con la precisazione che il principio in questione riguarda l’an debeatur di tale obbligazione; non il quantum che può senz’altro essere liquidato tenendo conto dell’evoluzione verificatasi nella situazione economica dei coniugi nel corso del giudizio e quindi mediante fissazione di misure e decorrenze differenziate in relazione proprio alle modificazioni intervenute fino alla data della decisione. In mancanza di indicazioni diverse contenute nella sentenza, la decorrenza è senz’altro dalla domanda.
L’orientamento della decorrenza dell’assegno di separazione dalla domanda giudiziale può oggi considerarsi assolutamente consolidato ed è stato, comunque, ribadito recentemente anche sulla base del principio generale per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio (Cass. civ. Sez. I, 11 luglio 2013, n. 17199). In senso conforme anche Cass. civ. Sez. I Sent., 3 febbraio 2017, n. 2960.
In controtendenza rispetto a questo orientamento si presenta una decisione assunta in una causa di separazione nella quale in tema di mantenimento dei figli minori, si è ritenuto – con motivazione francamente di per sé incomprensibile e non meglio motivata - che l'assegno disposto dal giudice nella sentenza di separazione decorre dalla data della decisione e non dalla data della proposizione della domanda, “trattandosi di una pronuncia determinativa che non può operare per il passato, per il quale continuano a valere le determinazioni provvisorie di cui agli artt. 708 e 709 cod. proc. civ.” (Cass. civ. Sez. I, 2 agosto 2013, n. 18538) orientamento che, come si vedrà tra breve, è semmai plausibile in tema di modifiche delle condizioni di separazione.
Invece Cass. civ. Sez. III, 21 agosto 2013, n. 19309 ha stabilito che “in tema di separazione personale dei coniugi, i provvedimenti adottati in sede presidenziale, a normadell'art. 708 cod. proc. civ., hanno carattere interinale, sicché la sentenza può integrare, con effetto "ex tunc" decorrente dalla domanda, l'importo dell'assegno di mantenimento stabilito in quella sede provvisoria”.