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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
CORTE DI CASSAZIONE (nuovo rito della camera di consiglio non partecipata)

I

Il ricorso per cassazione

Il ricorso per cassazione è un’impugnazione in senso stretto esperibile per uno dei motivi elencati nell’art. 360 [1] e nell’art. 362 [2] del codice di procedura civile.

Sostanzialmente si tratta di una impugnazione per motivi di legittimità avverso le sentenze o i provvedimenti aventi natura decisoria e definitiva pronunciati in grado di appello (fatto salvo il ricorso per saltum cui si riferisce il secondo comma dell’art. 360). Il n. 5 dell’art. 360 prevedeva originariamente tra i motivi di ricorso l’”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio” e questo – nonostante i paletti della giurisprudenza della Cassazione - aveva spostato nel tempo il baricentro dei ricorsi più sul versante del controllo quasi di merito della motivazione che su quello della legittimità in sé della decisione impugnata. Per questo motivo nel 2012 (Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 134) il n. 5 fu sostituito con il testo attuale (“omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno dopo l’entrata in vigore della legge di conversione) nel tentativo di circoscrivere al massimo l’utilizzazione di questo motivo di ricorso.

Il giudizio di fronte alla Corte di cassazione si apre con un ricorso da notificare nel termine di sessanta giorni previsto nell’art. 325 secondo comma (o, in materia di adozione nel termine di trenta giorni previsto nell’art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184) decorrente dalla notificazione del provvedimento (art. 326) ed in ogni caso non oltre sei mesi dalla pubblicazione della decisione impugnata (art. 327).

Il ricorso va depositato nella cancelleria della Corte a pena di improcedibilità entro venti giorni dalla ultima notificazione alle parti contro cui è proposto (art. 369) mentre la parte contro cui è diretto può a sua volta, se intende contraddire, notificare un controricorso entro venti giorni dalla scadenza del termine sopra indicato (art. 370), proponendo anche nello stesso termine eventuale ricorso incidentale (art. 371).


[1] Art. 360

(Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)

Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:

1) per motivi attinenti alla giurisdizione;

2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;

3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;

4) per nullità della sentenza o del procedimento;

5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tale caso l'impugnazione può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.

Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.

Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge.

[2] Art. 362.

(Altri casi di ricorso)

Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.

Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:

1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari;

2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.

Gianfranco Dosi
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Lessico di diritto di famiglia