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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
CONTRATTI DI PROTEZIONE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA

I

I contratti di protezione nel diritto di famiglia

Può essere dato il nome di “contratti di protezione” (o ad effetti protettivi) nel diritto di famiglia a quei contratti (tra coniugi o conviventi, ma anche tra un coniuge o convivente e un terzo) con cui si costituisce un assetto patrimoniale (art. 1321 c.c.) destinato ad avere direttamente o indirettamente effetti prevalentemente di tipo protettivo (protezione dell’altro contraente, protezione reciproca, protezione di terzi). L’effetto protettivo può essere anche prodotto, naturalmente, da atti unilaterali di un coniuge, di un convivente o di un terzo (art. 1324 c.c.) – come può avvenire, per esempio, con una semplice promessa di pagamento (art. 1988 c.c.) o con la costituzione ad opera di un terzo di un fondo patrimoniale (art. 167 c.c.) o di un altro vincolo (art. 2645 ter c.c.) a beneficio di due coniugi - ma in questa sede ci si sofferma soprattutto sugli accordi di protezione.

a) I contratti con effetti protettivi

I contratti di protezione nel diritto di famiglia sono caratterizzati dalla finalità eminentemente protettiva di uno dei contraenti, ovvero di protezione reciproca o di terzi. In essi la domanda alla quale ciascuna parte cerca di dare risposta è soprattutto quella di “come posso tutelare l’interesse del mio partner o dei figli o di terzi?”.

La caratteristica strutturale e funzionale dei contratti che, nell’ambito del diritto di famiglia, possono essere chiamati “di protezione” è quella di essere orientati soprattutto al perseguimento di interessi non egoistici dei contraenti.

E’ forse prematuro parlare di causa tipica dei “contratti di protezione nel diritto di famiglia” a meno che non sia la legge a prevederne la funzione tipicamente protettiva (come avvenuto per i contratti di affidamento fiduciario previsti dalla legge 22 giugno 2016, n. 112)[1]. La finalità di protezione rimane, pdrciò, relegata nell’ambito degli interessi perseguiti tipicamente o atipicamente dalle parti. La causa del contratto di protezione (artt. 1322, 1325 c.c.) è, cioè, pur sempre quella tipica dello strumento contrattuale utilizzato (esempio donazione, trasferimento immobiliare) o quella atipica dell’operazione economica alla quale le parti hanno conformato il regolamento dei propri interessi. L’oggetto del contratto è la prestazione specifica mediante la quale si attua la funzione protettiva (art. 1346 c.c.).

La protezione dell’altro o del terzo va considerata quindi il motivo (art. 1345 c.c.) che guida i contraenti all’utilizzazione di un modello contrattuale tipico o di uno schema negoziale atipico.

b) I contratti di soluzione della crisi: il loro possibile contenuto protettivo

Non tutti gli accordi nel diritto di famiglia hanno, però, una prevalente finalità protettiva dell’altro o di terzi. In alcuni casi l’effetto protettivo può mancare del tutto. È quanto avviene soprattutto nell’ambito dei contratti di soluzione della crisi di coppia. In quest’ambito siamo, infatti, perlopiù in presenza di accordi raggiunti non tanto in una prospettiva di protezione dell’altro o di terzi ma di accordi mossi dal perseguimento soprattutto dell’interesse individuale di ciascuno dei contraenti, in linea con la tradizione del contratto come strumento di tutela sostanzialmente dei propri interessi. Nelle trattative di separazione o di divorzio la domanda alla quale i contraenti si propongono di rispondere è soprattutto “come posso tutelare il mio interesse?”. Ciascuna parte, cioè, cerca in genere di perseguire un proprio vantaggio dall’accordo.

La funzione di tali accordi (si pensi all’una tantum divorzile) è storicamente connessa all’obbligazione di mantenimento di cui costituisce una specifica modalità solutoria (datio in solutum) spesso avente natura transattiva (art. 1965 c.c.) in quanto le parti “facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata” (consensualizzando per esempio il contenzioso di divorzio) ovvero “prevengono una lite che può sorgere tra loro” (come avviene nel caso degli accordi anche preventivi di separazione o di divorzio).

La più recente giurisprudenza segnala, però, un’interessante inversione di tendenza di questa funzione storica degli accordi di separazione e di divorzio. Secondo questo nuovo orientamento la funzione essenziale di tali accordi non sarebbe necessariamente destinata a rimanere quella tradizionale degli accordi solutori e sostitutivi di obbligazioni di mantenimento, ma potrebbe assumere anche una funzione più ampia di tipo protettivo. La conseguenza che se ne trae è che anche tali accordi non sarebbero ontologicamente esclusi dall’ambito dei contratti di protezione.

Il riferimento è soprattutto alla recentissima Cass. Civ. Sez. III, 4 luglio 2019, n. 17908 che costituisce il felice esito di un percorso compiuto dalla giurisprudenza nel suo complesso in tema di accordi di separazione e divorzio: la sentenza prende atto che gli accordi della crisi coniugale (nello specifico un accordo di trasferimento immobiliare) non necessariamente sono giustificati dall’esigenza di un ristoro patrimoniale sostitutivo dell’assegno di mantenimento, ma possono fondare, anche in assenza di obblighi di mantenimento, un progetto di assetto post-matrimoniale realizzato con atti aventi in tutto o in parte la connotazione dell’atto (sostanzialmente protettivo) di liberalità. In tal modo la prova richiesta per l’eventuale azione revocatoria dell’atto (art. 2901 c.c.) sarà quella degli atti a titolo gratuito e non degli atti onerosi come finora la giurisprudenza ha sempre sostanzialmente ritenuto (sul presupposto che tali accordi costituiscano una datio in solutum rispetto all’assegno di mantenimento). Viene in tal modo valorizzata e portata a compimento quell’operazione di costruzione di una nuova funzione (cosiddetta di “negoziazione globale”) degli accordi di separazione e divorzio che aveva portato la sezione tributaria della Corte di cassazione (Cass. civ. Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 2111 e Cass. civ. Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 3110) a considerare esente ai sensi dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 qualsiasi accordo di separazione e divorzio, quale che sia la natura o la tipologia degli atti che lo caratterizzano e quindi prescindendo dall’esistenza di un collegamento con obbligazioni di mantenimento.

Se si volesse caratterizzare meglio questo passaggio si potrebbe dire che anche i contratti della crisi (cioè gli accordi di separazione e di divorzio) possono acquisire una nuova possibile funzione “protettiva” (ricerca di un adeguato assetto post-matrimoniale) che non coincide con la funzione di “resa dei conti” tra i coniugi loro tradizionalmente attribuita.


[1] Cfr la voce CONTRATTO FUDUCIARIO

Gianfranco Dosi
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