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LESSICO DI DIRITTO DI FAMIGLIA®
ASSENZA

I

La scomparsa di una persona e la natura solo eventuale delle procedure civilistiche che ne conseguono

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno il numero delle persone che scompaiono in Italia è sempre in aumento: nel 2017 le denunce di scomparsa sono state 211.219 (22.109 in più rispetto al 2016) mentre le persone rintracciate sono state 158.229. Quindi non si sono avute più notizie di 52.990 persone scomparse (nel 75% uomini e nel 25% donne). Il dato comprende anche le denunce di stranieri scomparsi.

A scomparire possono essere persone (maggiorenni o minori) che volontariamente decidono di far perdere le loro tracce oppure persone incapaci di intendere o di volere che si perdono senza fare rientro nel luogo in cui abitavano, oppure ancora che vengono per esempio rapite o sequestrate o che partecipano ad operazioni militari o di protezione civile restando vittime di qualche evento che ne fa perdere le tracce.

Scomparire vuol dire, insomma, “non comparire più nel luogo dell’ultimo domicilio senza che vi siano notizie circa il luogo in cui la persona scomparsa si trova” (concetto lucidamente espresso nell’art. 48 c.c.). La legge non indica il periodo minimo di tempo per potersi parlare di scomparsa, ma è evidente che deve trascorrere un tempo sufficiente o devono sussistere elementi di fatto – valutate tutte le circostanze del caso - per rendere ragionevole l’ipotesi della scomparsa.

Ugualmente non deve essere trascorso un tempo tale da lasciar presumere che lo scomparso sia addirittura morto. Così per esempio Trib. Monza, 24 novembre 1987 ha in passato affermato che quando risulti che una persona, per il trascorrere degli anni, sia certamente deceduta, non si può far luogo alla nomina di un curatore allo scomparso. E d’altro canto la scomparsa non deve essersi verificata da troppo tempo tanto da far presumere che lo scomparsi sia morto (Cass. civ. Sez. II, 6 luglio 1972, n. 2247).

Che succede quando una persona scompare?

A questo problema danno risposta sia il codice civile (dall’art. 48 all’art. 57 nell’ambito in titolo IV del primo libro, appositamente riservato all’assenza e alla dichiarazione di morte presunta) sia il codice di procedura civile (dall’art. 721 all’art. 731).

Si prevedono procedure civilistiche di conservazione e di amministrazione del dei beni dello scomparso che sono procedure non necessitate ma solo eventuali.

Va, infatti, chiarito che tutte le procedure in questione e tutti gli adempimenti successivi alla scomparsa non sono previsti come obbligatori. Se vi sono particolari esigenze di tutela e di protezione del patrimonio dello scomparso, gli interessati o il pubblico ministero possono senz’altro richiedere l’attivazione delle procedure che saranno tra breve illustrate. Se queste esigenze di tutela non vi sono – per esempio per l’assenza di un patrimonio dello scomparso o per altre ragioni – non si farà luogo a queste procedure.

La scomparsa di una persona non determina quindi necessariamente né l’attivazione delle misure di natura cautelare a tutela del patrimonio dello scomparso, né l’attivazione dello stesso procedimento che si conclude con la dichiarazione di assenza, tanto è vero che alla dichiarazione di morte presunta[1] si può giungere “anche se sia mancata la dichiarazione di assenza” (art. 58, ult. Co, c.c.).

Proprio perché la scomparsa determina solo la quiescenza dei rapporti giuridici facenti capo allo scomparso, l'obbligo per esempio dell'I.N.A.I.L. di pagamento della rendita vitalizia non rimane sospeso in caso di scomparsa del beneficiario (Cass. civ. Sez. lavoro, 21/01/2005, n. 1253).


[1] Cfr la voce MORTE PRESUNTA

Gianfranco Dosi
Lessico di diritto di famiglia