I
Regime primario del matrimonio e allontanamento di un coniuge senza giusta causa
Il codice civile prevede all’art. 146 (Allontanamento dalla residenza familiare) le conseguenze giuridiche dell’allontanamento volontario senza giusta causa di un coniuge dall’abitazione coniugale prescrivendo che:
Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'articolo 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare rifiuta di tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.
Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147.
Il senso della norma è facilmente intellegibile se lo si collega ai doveri fondamentali coniugali elencati nel secondo comma nell’art. 143 (Diritti e doveri reciproci dei coniugi) dove si legge che “Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione”.
L’art 146 è quindi norma che prevede le conseguenze giuridiche della violazione da parte di un coniuge del dovere evidente e specifico di coabitazione, che può anche determinare la violazione degli altri doveri elencati nell’art. 143 c.c. come è facilmente intuibile se si considera che l’allontanamento volontario e senza giusta causa può comportare anche una lesione dei doveri di assistenza e di collaborazione. Conseguenza che non si verifica, naturalmente, se il coniuge allontanatosi non viene meno ai doveri di assistenza verso i familiari da cui si è allontanato.
La norma (come qualcuno in dottrina si fa notare) condiziona la rilevanza dell’allontanamento al rifiuto di tornare in casa (“Il diritto all'assistenza … è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare rifiuta di tornarvi”) ma volendo dare una interpretazione ragionevole alla norma, si tratta evidentemente di una espressione pleonastica che non configura una vera e propria condizione giuridica. Serve solo a connotare l’allontanamento come una situazione non momentanea né transitoria che determina la privazione del diritto all’assistenza, senza che serva anche un inutile invito di rientro da parte dell’altro coniuge. L’allontanamento volontario e durevole è evidentemente una rottura della vita coniugale e tanto basta per farne derivare le conseguenze indicate nell’art. 146. Il rifiuto di rientrare non è altrimenti interpretabile se non come una situazione di stabile permanenza fuori casa. Per questo non ha molto senso il riferimento che ancora si fa in giurisprudenza al rifiuto di tornare in casa (per esempio in Cass. civ. Sez. I, 19 luglio 2010, n. 16873 si legge che “l’abbandono della casa familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso dell’altro coniuge, e confermato dal rifiuto di tornarvi, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione…”)
L’ultimo comma dell’art. 146, inoltre, prevede anche misure atte a scongiurare il rischio che il coniuge allontanatosi possa sottrarsi alle obbligazioni di natura economica verso il coniuge e verso i figli.
I principi che derivano dall’insieme di queste disposizioni sono applicabili anche alle unioni civili essendo l’art. 146 c.c. espressamente richiamato dall’art 19 della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso) dove si legge che “All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano altresì le disposizioni di cui al titolo XIII del libro primo del codice civile, nonché gli articoli 116, primo comma, 146, 2647, 2653, primo comma n. 4) e 2659 del codice civile”. D’altro lato l’art. 11 della legge precisa che “dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione”.